La storia lo insegna: la Fiera di Orzinuovi, sin dalla sua prima edizione ufficiale, il 26 agosto del 1948, è stata fortemente caratterizzata dalla presenza dei settori primari: zootecnia ed agricoltura che comprendendo anche le svariate attività dell’indotto e sono le due colonne portanti dell’architrave fieristico; anche ai giorni nostri, dopo più di settant’anni di storia, il ruolo giocato dagli espositori e dai visitatori interessati al mondo agricolo è senza dubbio particolarmente consistente.
Specialmente dopo l’arrivo del Covid-19 e di tutte quelle che sono le conseguenze sociali ed economiche che esso porterà sia nel breve che nel lungo termine, una riflessione sul ruolo di questi settori nella vita di ogni giorno risuona, più che mai, come un imperativo.
Ne abbiamo parlato con Giovanni Garbelli, cittadino orceano e presidente di Confa-gricoltura Brescia dal novembre del 2018.
In questi mesi l’attività degli agricoltori orceani e bresciani non si è mai fermata nonostante l’imperversare della pandemia. Quali conseguenze ha portato questo periodo di generale difficoltà economica?
Gli agricoltori non si sono mai fermati ed hanno dimostrato ancora una volta l’importanza del loro ruolo all’interno del tessuto economico e sociale. Un discorso a parte andrebbe fatto però per i settori che sono stati colpiti molto duramente dal lockdown: penso in particolare agli agriturismi, che stanno ora vivendo una fase di lenta ripresa, e ai florovivaisti, che sono rimasti chiusi nel periodo in cui si concentra oltre il 70% del fatturato.
Anche le aziende che hanno lavorato, tuttavia, hanno vissuto gravi difficoltà per attuare tutte le pratiche necessarie alla prevenzione del contagio. Confagricoltura Brescia non ha smesso neppure un giorno di lavorare a fianco delle imprese, con un supporto tecnico costante e rafforzando l’attività sindacale a tutto campo.
Proprio in questi mesi peraltro e proprio ad Orzinuovi – nella centrale via Giordano Bruno n. 24/26 – abbiamo aperto un nuovo ufficio zona per dare sempre maggiori servizi alle aziende agricole e a tutti i cittadini, anche grazie alla presenza del nostro patronato Enapa e al Caf.
Tornando alla domanda, ora dovremo valutare quali saranno gli effetti della pandemia a lungo termine, con la crisi economica in atto che colpisce pesantemente i consumi delle famiglie e con alcuni mutamenti di mercato che stanno interessando le filiere zootecniche, a partire da latte e suini, settore quest’ultimo che ha visto i prezzi crollare del 30%.
Ora è il tempo di fare sintesi e di individuare le strategie di rilancio basate sul rafforzamento del legame con il territorio e tra le filiere dell’agroalimentare.
Al netto dei danni cogenti, come questo periodo di crisi cambierà il mondo dell’agricoltura e del-l’allevamento ed i rapporti tra produttori e consumatori?
Credo che questi mesi abbiano contribuito a ridare la giusta centralità alla agricoltura e per questo, come Confagricoltura, lavoriamo per stringere i rapporti di filiera anche per evitare che i costi della crisi economica siano pagati solo dall’anello più debole, ossia da quello dei produttori.
Allo stesso modo puntiamo, come abbiamo sempre sostenuto, a rilanciare l’ex-port del nostro agroalimentare. Più in generale ed anche considerando il rapporto con i consumatori, l’Unione europea ha lanciato la strategia Farm to Fork: ci auguriamo che possa essere un’occa-sione per sottolineare l’importanza del settore primario all’interno di una logica di sviluppo sostenibile.
Sarebbe grave, invece, specialmente dopo quello che abbiamo vissuto, se si intraprendessero strade dettate dal pregiudizio e da un’immagine distorta della nostra attività.
Come da tradizione, ogni anno Confagricoltura promuove, durante i giorni della Fiera, un convegno incentrato sul tema del benessere animale: quali sono le novità rispetto a questo argomento, specialmente nell’ambito del-l’allevamento suino?
La capacità imprenditoriale dei nostri allevatori ha messo in campo da molto tempo investimenti e tecniche di gestione che già garantiscono elevatissimi standard di benessere animale.
Il lavoro continua anche grazie all’atteggiamento di piena collaborazione con le autorità veterinarie che “accompagnano” il settore verso nuovi risultati anche nel campo dell’uso consapevole del farmaco veterinario, in particolare degli antibiotici.
Nonostante la fortissima contrazione della redditività di questi mesi, che ha visto il crollo dei prezzi dei suini venduti, possiamo dire che l’attenzione su questi temi non è venuta meno, nella consapevolezza che il mercato richiede sempre più anche un’attenzione ai metodi di allevamento. In questi mesi abbiamo anche rafforzato le misure di biosicurezza per fronteggiare il rischio dovuto alla Peste suina africana che vede molti focolai attivi nei Paesi europei.
L’ingresso di questo virus, che colpisce solo i suini e non l’uomo, avrebbe conseguenze drammatiche sulla nostra suinicoltura dopo aver decimato gli allevamenti del sudest asiatico.
Durante la domiciliazione forzata abbiamo assistito a molti “attacchi” al mondo agricolo, sia sul tema degli spandimenti di liquami sia con riferimento alle condizioni di vita negli allevamenti: come si può dimostrare che l’agricoltura è simbiosi e non conflitto con l’ambiente circostante?
Gli esempi virtuosi, purtroppo ancora poco conosciuti, sono moltissimi.
Negli ultimi anni la nostra agricoltura ha fatto passi da gigante nell’ambito della sostenibilità ambientale, un tema che ci è sempre stato a cuore perché gli agricoltori sono custodi dell’ambiente in cui lavorano.
Basti pensare all’utilizzo di fitofarmaci che in meno di dieci anni nel nostro Paese si è contratto del 26%.
Non solo, grazie ad investimenti molto importanti da parte delle aziende, cresce l’uso consapevole del farmaco veterinario e migliorano costantemente gli standard di benessere animale.
Per fronteggiare il cambiamento climatico si va verso una gestione sempre più oculata delle risorse idriche e, anche nella transizione energetica, abbiamo dato il nostro contributo come veri pionieri nella produzione di energia da fonti rinnovabili.
Su questo tema voglio ricordare il nostro contributo per realizzare un’economia circolare, come dimostrano ad esempio i numeri impianti di biogas realizzati anche in provincia di Brescia che consentono la valorizzazione energetica dei reflui di allevamento.
Tutto questo accompagnato del diffondersi, proprio anche nelle nostre campagne della Bassa Bresciana, delle tecniche di agricoltura conservativa che consentono di catturare nel terreno l’ani-dride carbonica favorendo così il raggiungimento degli obiettivi internazionali nella riduzione delle emissioni.
Nonostante tutto questo, sul nostro settore pesano visioni distorte se non vera e propria cattiva informazione, anche alimentate anche da alcune trasmissioni televisive che calcano la mano su aspetti sensazionalistici.
Con quali accorgimenti la Fiera potrà tornare nei prossimi anni, con un occhio rivolto al futuro e all’innovazione, a porre di nuovo al centro settori così essenziali per la nostra economia territoriale?
La Fiera di Orzinuovi è un appuntamento fondamentale all’interno del panorama fieristico regionale ed è molto doloroso rinunciare questo anno all’edizione 2020.
Si può dire, come è stato recentemente ricordato anche nel libro pubblicato per celebrare il settantesimo della rassegna, che la Fiera è nata proprio grazie all’Unione provinciale agricoltori, oggi Confa-gricoltura Brescia. Per questo ci auguriamo che nel 2021 possa ritornare questo momento di incontro tradizionale di fine estate che dovrà necessariamente viaggiare su due direttrici che si possono incontrare: l’atten-zione agli addetti del settore con occasioni di confronto qualificate e le iniziative per i tanti cittadini che frequentano questa manifestazione fieristica.
Voglio ricordare infine che Brescia, insieme a Bergamo, sarà Capitale della Cultura nel 2023, un appuntamento in cui dovrà trovare lo spazio che merita il patrimonio enogastronomico della nostra Provincia.
Leonardo Binda