Ancora una volta la caparbietà dell’amico Mombelli ci porta alla riscoperta di un pezzo di storia rovatese e d’Italia, con un progetto molto interessante sul quale Tarcisio sta lavorando da alcuni mesi: la ristampa del libro “Warwàrovka – Alzo Zero” scritto dal nostro concittadino Ottobono Terzi.
Ottobono Terzi, rovatese, fu ufficiale del reggimento di artiglieria a cavallo caratterizzato dall’appellativo piemontese “Voloire”; partecipò in prima persona alla guerra di Russia e alla tragica ritirata italiana, dal fiume Don a Nikolaevka, avvenuta tra gli anni 1942 e 1943, con la colonna della brigata Tridentina. In quella occasione assistette al sacrificio della brigata Morbegno, degli artiglieri della Bergamo, delle batterie a cavallo Warwarowka, in una sanguinosa battaglia contro i mezzi corazzati russi dove, il coraggio di questi valorosi soldati, consentì di coprire la ritirata delle altre brigate italiane. Se la brigata Tridentina poté infatti aprirsi la strada alla salvezza, lo si deve a tutti quegli italiani che a Warwarowka accentrarono su di loro la minaccia dei carrarmati T34 russi, potendo così dare scampo al grosso della colonna italiana in ritirata.
Questo diario è stato ed è sicuramente uno dei testi più apprezzati e famosi insieme ai già noti “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi, “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern ed altri. Venne pubblicato, nella sua prima edizione, dalla casa editrice Vannini nel 1963, poi nel 1970 da Longanesi ed, infine, riedito sempre da Longanesi nel 1974. Esiste anche una incisione su disco 33 giri nella quale un ottimo attore interpreta alcuni brani del testo con tanto di musiche dell’epoca e sottofondo di bombardamenti permettendo a chi ascolta di rivocare ancor più realmente quegli eventi.
Ottobono Terzi narra gli avvenimenti vissuti in prima persona, con uno stile semplice e diretto: la partenza da Milano il 25 novembre 1942, l’interminabile viaggio in treno della durata di 17 giorni verso il fronte russo, le lunghe marce a piedi per raggiungere le posizioni designate, la rottura del fronte del Don da parte dei russi, l’ordine di ritirata, il sacrificio delle altre brigate che affrontarono con valore l’avanzata dei carrarmati russi per coprire la ritirata della colonna italiana, la lunga marcia nella steppa russa di oltre 250 km percorsa a piedi fino ad Harkov ed, infine, il ritorno verso l’Italia nel mese di febbraio del 1943.
Tre sono gli elementi predominanti in questo diario: il primo è il grande freddo di quell’inverno: una presenza costante dall’inizio alla fine del racconto; la temperatura di -40 gradi e oltre, le tempeste di ghiaccio, rendono la vita quasi impossibile ai soldati italiani; male equipaggiati e spesso con gli arti congelati. Molti sono morti, sì a causa dei combattimenti, ma anche per il grande freddo. Il secondo elemento è il supremo valore dei nostri alpini e soldati: come dicevo, pur male equipaggiati, con armi inferiori per tecnologia e potenza, hanno resistito sul fronte del fiume Don, dominando sul nemico, fino allo sfondamento da parte dei russi che hanno avuto la meglio grazie ai loro mezzi corazzati ed ai carrarmati. Nonostante quanto accaduto, i nostri hanno avuto la capacità di resistere al nemico, di immolarsi, per la salvezza dei loro connazionali. Forse una strage che si sarebbe potuta evitare se solo i tedeschi avessero fatto la loro parte.
E qui arriva il terzo elemento….eh sì…i tedeschi……pur essendo nostri alleati facenti parti delle forze di alleanza dell’Asse (che ricordiamo furono Germania, Italia e Giappone), mai si comportarono come tali…scrive di loro Ottobono “…..i tedeschi erano armati benissimo, vestiti ed equipaggiati meglio; e questo è loro merito, e per tale superiorità nei nostri confronti ci trattavano con alterigia e disprezzo, come se ci considerassero inferiori. Essi erano sempre prepotenti e diffidenti, ma si ritirarono, mentre noi, pur male armati continuammo a combattere fino all’annientamento. […] Mentre le nostre truppe combatterono valorosamente fino all’ultimo per opporsi all’avanzata dell’esercito sovietico, e si sacrificarono, quelle tedesche lasciarono, senza combattere e senza neanche curarsi di informarci, la linea del fronte per attestarsi in caposaldi sicuri a centinaia e centinaia di chilometri di distanza”.
Sempre rimarcando il coraggio e l’abnegazione dei nostri soldati scrive in un altro passo del diario: “Al 26 gennaio si trovò tutto l’intero corpo d’armata alpino a Nikolajewka contro i russi ben armati, si combatte davanti alla stazione ma non possiamo aiutare i nostri commilitoni. Arriva il generale Reverberi, salito su un semovente tedesco grida; “Tridentina avanti!!”. La colonna reagisce e invade la stazione ferroviaria aprendo la via verso ovest con un prezzo altissimo. […] Durante la ritirata i tedeschi dall’alto dei loro mezzi ci guardano con disprezzo pur essendo alleati. Scortano armati le loro slitte cariche di attrezzature e viveri; chiedo loro del pane e uno di loro mi risponde con sprezzo ‘…per un russo sì, no per un italiano’”.
Un diario avvincente, storico, crudo e drammatico, ma nel quale traspaiono sempre le sensazioni i valori, i pensieri, espressione dell’animo umano dei nostri valorosi soldati italiani.
Un testo che vale davvero la pena riproporre in questi tempi moderni in cui le giovani generazioni sembra abbiano dimenticato, o probabilmente mai conosciuto, valori e patimenti come il sacrificio, la fortezza d’animo di fronte al disagio, la fatica, il senso della Patria, l’unità nelle difficoltà, la solidarietà, la resistenza al dolore e tanto altro…tutti elementi e situazioni che di certo non auguriamo a nessuno di dover rivivere ma, sicuramente, leggere le gesta di questi uomini ed immedesimarsi anche solo per un attimo negli eventi, può contribuire alla formazione della nostra mente, della cultura, del nostro cuore. Tutto ciò è sicuramente utile alla costituzione di una coscienza comune che possa comprendere come, nella vita, vi possano essere momenti difficili nei quali l’uomo esprime una capacità di reazione e di sopportazione inimmaginabile. Eventi, quelli narrati, dove emergono in modo evidente i pregi ed i difetti di un popolo, che sia il nostro, quello alleato o il nemico.
Auguriamo a Tarcisio Mombelli di riuscire nella realizzazione di questo progetto al fine di poter “riesumare” un pezzo di storia italiana per poterla presentare alle nuove generazioni in tutta la sua autenticità.
Per la nostra città sarà sicuramente un onore poter riscoprire il valore della persona del nostro concittadino Ottobono Terzi a cui in passato la città dedicò anche il nome di una via. Grazie a lui Rovato ottenne, dall’allora ministro della difesa Giulio Andreotti, i due cannoni posizionati ai piedi del monumento ai caduti sul monte Orfano; le loro canne hanno puntamento verso l’orizzonte, proprio nella direzione del fiume Don in Russia dove a Warwarowka il Terzi ed i nostri alpini e soldati combatterono così coraggiosamente.
Emanuele Lopez
(Foto e testi da: “Wawarowka-Alzo Zero” di Vannini e Longanesi)