Ore 4:15: Mamma Agnese, china sulla cuccetta, mi ripete con dolcezza: Tarcisiola, desedet, dai che l’è tarde.
Voglio aprire gli occhi che non lo vogliono tanto il sonno mi imprigiona; impossibile lasciare quel caldo materasso ricavato con penne di pollame.
MI lavo (?) gli occhi con acqua freddissima. Fuori impattiamo con nebbia fitta in notte ancora fonda, l’aria è umida, seppur gelida. Illuminazione pressoché zero, il silenzio è assoluto.
Partiti da contrada Santo Stefano arriviamo alla chiesa parrocchiale, camminiamo su strade tutte in acciottolato o terra battuta.
Ore 5:00: Indosso tonaca e cotta da chierichetto e salgo l’altare con il don di turno.
Inginocchiati, introduciamo
Sac: Introdureat ad altare Dei
Rispondo: ad Deum qui laetitia iuventutem Deam
Era l’inizio delle tre messe consecutive con una sola consacrazione senza mai scendere dall’altare.
Nel mentre nei vli stalli del coro retrostante l’altare maggiore cantavano preghiere Sequenze sacre rigorosamente in latino; erano sacerdoti, catechisti volontari e alcuni frati arrivati non so da quale convento.
Questi nel rispetto di loro regole calzano sandali, non indossando calzetti.
E nei canti ad intermittenza nessuna melodia, musiche funeree, tristi, lugubri, Dies irae, Dies illa, solvet saetclum in favilla, erano i giorni dell’ira del Signore contenuti in venti versetti Brrr! Freddo fuori, glacialità all’interno.
Non capivo, si recitava l’eterno riposo dona ai defunti Signore, e allora? Capirò forse quando sarò adulto, mi dicevo.
Ore 6:30: rientriamo in casa quando la stufa ancora spenta, tutto era gelo, mani e piedi, ambiente; i vetri delle finestre mostravano disegni diversi impressi dal ghiaccio.
Mamma con mesto sorriso mi disse: fortunato il babbo che per motivi di lavoro sta in Africa, in Libia; i suoi occhi si gonfiavano e si inumidivano…
Poi la colazione con pane stantio e latte bollente. Forse ci saremo sorrisi al primo qualcosa di caldo nel grigio giorno dei suffragi universali.
Ore 8:00: entriamo nell’aula di scuola dove il tepore arrossa le guance e tonifica gli arti anchilosati.
La maestra (donna pia): Bambini, in piedi: Saluto al duce, saluto al re.
Al termine del rituale ci invita alla preghiera tramandata da secoli da generazione in generazione
Requiem aeterna dona eis Domine e lux perpetua luceat eit requiescant in pax. Amen
2 novembre 2024 – 88 anni dopo
Si adempie ad un rito come da tempi immemorabili: visita al campo santo per disporre fiori sulla tomba dei cari defunti si vuole dimostrare ricordo e pietà.
Per il resto tutto, o quasi, è stato sforbiciato, tagliato, resettato, cancellato.
A noi che alle spalle abbiamo tanti, tanti anni di vita viene spontanea la domanda: perché?, ma la fede, il Credo?
Nel vento ci risponde l’Intelligenza Artificiale da poco creata dall’uomo:
credenze superate perché del tutto opinabili. Con il nuovo si cambia. Punto.
Ascolto, leggo, penso, rifletto. Ma non capisco
Già…
Da parte nostra, come negli anni addietro, offriamo ai defunti a noi cari, nonché a tutti i Santi del paradiso, il vaso di fiori effigiato che con cura e pazienza predispongo ogni anno per la specifica occasione del periodo.
Tarcisio Mombelli Serina
Novembre 2024
Trascrizione a cura di Stefano Toscani