Lombardia Carne è, per vocazione e spirito, uno dei momenti più “sacri” per coloro che vedono nell’allevamento e nella zootecnia uno dei settori più dinamici del nostro territori, da considerarsi come volano di sviluppo anche per le molte aziende dell’indotto. Attenzione privilegiata sulla questione è quella di Laura Facchetti, non solo figura chiave della storica azienda bresciana Monteverde – uno dei leaders italiani per la produzione e lavorazione della carne avicola – ma, dal giugno 2023, presidente della costola bresciana di Coldiretti.

Presidente, che valore ha per Coldiretti questa importante rassegna?

Il mondo dell’allevamento è strategico e cruciale per il nostro sistema alimentare e, per noi di Coldiretti, Lombardia Carne rappresenta un momento di grande rilievo per promuovere la conoscenza delle eccellenze del nostro territorio.

Lombardia Carne è, potremmo dire, parte dell’identità rovatese e franciacortina: lei, da “figlia d’arte” e cittadina di questa terra, come ha visto crescere e cambiare il mondo dell’allevamento in questi anni?

Nel corso del tempo il sistema allevatoriale è cresciuto e migliorato. Abbiamo continuato a lavorare in modo virtuoso producendo nell’ottica della massima qualità e della totale sicurezza alimentare per i cittadini e lo abbiamo fatto coniugando il corretto utilizzo delle risorse naturali, la tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico. Tutto ciò è stato favorito da nuove tecniche e innovazioni che hanno reso possibili importanti miglioramenti nelle strutture e nelle attrezzature. In questo percorso di continuo perfezionamento sono temi altrettanto fondamentali e da sempre al centro dell’attenzione degli allevatori quelli del benessere animale, del corretto utilizzo dei farmaci e delle biosicurezze.

Nel corso di questi anni molte parole sono state spese sul ruolo della carne nella nostra dieta e sulla presunta necessità di trovare soluzioni più innovative e meno inquinanti per la sua produzione: qual è, in merito, la vostra posizione?

Il settore dell’agricoltura in generale e quello dell’allevamento in particolare è ingiustamente accusato di essere nemico dell’ambiente, al contrario contribuisce all’emissioni totali soltanto per il 7,8%ì, con un calo significativo delle emissioni negli ultimi anni. Siamo l’agricoltura più sostenibile al mondo. Noi agricoltori abbiamo un rapporto molto stretto con la natura, siamo i primi, e lo sappiamo da secoli, a capire quanto sia importante tutelare le risorse e l’ambiente perché grazie a queste noi sopravviviamo. Per questo anche per noi è fondamentale investire nelle nuove tecnologie e sostenere una crescita sostenibile del settore, purché i costi di questi interventi ci permettano di essere comunque competitivi e non ci allontanino dall’obiettivo fondamentale della sovranità alimentare.

Altrettanto chiara e perentoria è stata la chiusura di Coldiretti verso l’ipotesi di appoggiare nuove tendenze di consumo, come quella della carne coltivata o della carne sintetica: mero protezionismo, come qualcuno insinua, oppure frutto di una riflessione più ampia?

Coldiretti, nei confronti del cibo coltivato o sintetico, ha adottato il principio di precauzione, secondo il quale è necessario, prima della sua eventuale immissione in commercio, averne valutato l’eventuale rischio sulla salute umana e il reale impatto ambientale. Ricordiamo che sono prodotti di laboratorio, ottenuti attraverso la rigenerazione cellulare in bioreattori con l’utilizzo, per la crescita, di ormoni e di antibiotici. Vogliamo che questo prodotto sia studiato come fosse un farmaco, dando certezza della sua salubrità. La proposta di coldiretti si è tradotta in una legge che vieta la produzione e commercializzazione di questo cibo. Siamo partiti soli in Europa e oggi si sono aggiunti altri 11 Stati membri che hanno manifestato la propria contrarietà al cibo sintetico di fronte al Consiglio dell’Unione.

Un’ultima domanda: come Coldiretti e, in generale, la rappresentanza del mondo agricolo possono incentivare la cultura del valore e della qualità dei prodotti “made in Italy” e, perché no, rispondere a tono ad una retorica pseudo-ambientalista spesso fuorviante?

Il legame con il territorio e la distintività e biodiversità unica dei nostri prodotti sono una forte leva competitiva con cui il Made in Italy può affrontare i mercati globali. Lo scorso anno è stato raggiunto un primato significativo relativo all’esportazione, il cui valore si aggira attorno ai 64 miliardi di euro e che ha grandi potenzialità di crescita. Abbiamo però bisogno di leggi e regolamenti che tutelino e incentivino le nostre produzioni. Per questo siamo impegnati sul fronte europeo, anche con manifestazioni di migliaia di soci, nel chiedere un cambio di rotta all’Europa, in particolare lo stop alla burocrazia e all’aumento dei costi, l’incremento degli aiuti alle aziende per contrastare la crisi e l’aumento dei tassi di interesse, nonché garantire una moratoria sui debiti, rafforzare la direttiva europea contro le pratiche sleali, anche introducendo il principio di reciprocità per cui i cibi che entrano dall’estero abbiano gli stessi nostri requisiti in tema di salute, ambiente e diritti dei lavoratori e cancellare definitivamente l’obbligo dei terreni incolti. Tante sono le proposte, abbiamo bisogno di risposte esaustive in tempi brevi e certi. Tutto ciò è necessario per assicurare una giusta remunerazione a chi produce, garantire sicurezza, origine, genuinità e qualità ai consumatori italiani, esaltando i primati e le distintività dei nostri territori e portando un accrescimento del patrimonio complessivo del nostro paese

Leonardo Binda