L’invenzione della Stampa a caratteri mobili di Johannes Gutenberg ha cambiato il mondo. Quella prima Bibbia stampata tra 1453 e 1455 fu il primo esperimento di una grande rivoluzione, che è paragonabile per impatto all’invenzione di Internet. Tuttavia, se per la diffusione globale e l’utilizzo massiccio di internet ci sono voluti solo dieci anni, per l’Europa del tardo medioevo quella tecnologia impiegò un po’ di tempo prima di attestarsi. Tanto che Gutenberg, per una serie di difficoltà abbandonò il lavoro tipografico nel 1465 e morì quasi cieco e in totale povertà in un ospizio nel 1468.
Stupisce allora sapere come dalle nostre parti l’interesse per questa nuova tecnica fu immediatamente colto da abili artigiani, che ne avevano intuito il potenziale. Nell’Archivio di Stato di Ferrara è stato scovato un contratto del 1471 tra gli stampatori Andrea Belfortis e Simonis de Francia, con il bresciano Tommaso Ferrando, perché questi gli insegnassero l’arte tipografica che a Ferrara già si faceva. Secondo il contratto questi mastri stampatori ferraresi affiancarono il Ferrando per 13 mesi, istruendolo e affidandogli anche i caratteri mobili romani che si usavano nella città estense. Così il 21 maggio 1473 Tommaso pubblicò la stampa degli Statuti di Brescia, ma la sua temerarietà era stata superata da don Pietro Villa, che solamente un mese prima, il 21 aprile, aveva dato alla luce un incunabolo su un’opera di Virgilio. Don Pietro aveva ricevuto i caratteri mobili dal tedesco Paul Butzbach, originario di Magonza, la città di Gutenberg che vide nascere la Stampa.
Se pensiamo che Soncino, dove si è sviluppata quest’arte tra 1483 e 1490, ha eretto un museo della stampa e fa un vanto della sua storia essere uno dei primi borghi ad aver avuto stampatori, mi ha meravigliato non poco scoprire che anche Rovato ha avuto negli stessi anni un maestro di quest’arte. Purtroppo il nostro paese non ha avuto una tipografia, perché il nostro concittadino apprese il mestiere a Venezia e là lo avrebbe sviluppato.
Il suo nome era Martino Lazzaroni, nato attorno al 1460, non ancora venticinquenne si era trasferito nella capitale della Serenissima e sappiamo che negli anni ’80 s’impratichì nell’arte “del torcolar” in botteghe che altri bresciani avevano aperto a Venezia.
Nei primi anni ’90, sempre a Venezia, Martino si mise in società con Cristoforo de Quaetis (Quaglietti) di Antegnate e infatti, il 17 luglio 1493, diedero alla luce il loro primo volume: “Noctes Atticae” di Gellio. Quello che possiamo definire tranquillamente il primo libro stampato da un rovatese, l’ho trovato interamente digitalizzato su archive.org, dove si dichiara che l’originale usato per la scansione è conservato nella biblioteca dell’Università di Siviglia in Spagna.
Alberto Fossadri