Sono momenti nei quali, ovunque, la parola “ponte” si ripete come sostantivo o come metafora etico-politica, ma, a Rovato, la stessa parola risuona un po’ più che altrove. Da quando si è progettato, appaltato, riappaltato e finalmente terminato il manufatto per collegare il castello agli spalti, riprendendo un passaggio delle mura venete non più attivo da secoli, non si è fatto che parlare del ponte. I due fronti, pro e contro, hanno avuto più di cinque anni per scambiarsi opinioni che si possono riassumere così: “Si farà non si farà? E quanti euro verranno spesi per una cosa che non serve?”; o al contrario: “Dopo la ristrutturazione di piazza Cavour, sarebbe ora che Rovato diventasse consapevole di quanto resta del suo passato e cominciasse a valorizzarlo, a cominciare dalle antiche mura”. Ora che il ponte, dopo le note vicende che ne hanno ritardato la costruzione, è finalmente stato realizzato, tutto questo passerà in secondo piano rispetto all’evidenza di una costruzione dalla linea leggera e nel contempo dalla struttura solida ed essenziale; ma anche di un positivo riassetto che si andrà creando nell’intera viabilità e che interesserà tutta la parte storica, del castello e non solo di quello. Come è già stato osservato due macro aree della città potranno facilmente comunicare e rimanere connesse. Inoltre la zona prospiciente gli spalti su cui si affaccia il ponte, oltre ad essere l’area su cui si svolge l’importante mercato del lunedì, offre la possibilità di parcheggiare comodamente e trovarsi nel centro storico dopo un breve e suggestivo percorso (anche se ancora molto resta da fare perché ciò avvenga al meglio!). Al contrario si può tracciare un itinerario che delineai su questo stesso giornale anni anni fa, a proposito dell’ipotesi ponte avanzata dall’ex sindaco Roberto Manenti, ossia quella di realizzare un percorso storico e culturale che, partendo dall’acquedotto, progettato dall’ingegnere e architetto Eugenio Dabbeni oltre un secolo fa (oggi considerato costruzione esemplare ancora in piena efficienza), passando a quello che si può definire un vero e proprio “complesso monumentale di Santa Maria Assunta” (la disciplina, la cappella liberty, la torre e ovviamente la parrocchiale ricca di opere d’arte), percorra tutta la via castello, fino alla galleria del Comune (con la casa natale del Moretto,lo stesso Municipio, la sala Calca…), passi quindi il ponte e punti verso Santo Stefano, infine il convento dell’Annunciata e san Michele (singolarissima chiesetta quest’ultima, probabilmente di origini longobarde, ritenuta la più antica della Franciacorta). Sono momenti nei quali le passeggiate sono di moda. Se poi fossero organizzate con fini culturali, oltre che salutistici, sarebbe un importate valore aggiunto. Vedere questi monumenti e questi luoghi può essere veramente impegnativo per la quantità di offerte che il percorso propone, basti pensare al complesso di santa Maria Assunta e al convento dell’Annunciata. Nel frattempo si stà pensando anche alla sistemazione degli spalti e spunta un singolare progetto dell’architetto Aurelio Pezzola. Di questo progetto varrà proprio la pena riparlarne perché ipotizza l’abbattimento della Pretura (se ne parla da anni), posta alla fine del percorso alberato dopo l’ ex biblioteca, una vera mostruosità per la sua collocazione del tutto avulsa dal centro storico. Mostruosa quasi quanto la villa costruita nel punto più alto delle mura. Ne parleremo. Scrive Antonio Racheli nelle sue Memorie storiche di Rovato (cap III, 1400-1492) che, dopo l’invasione di nugoli di locuste che distruggevano i raccolti e coprivano di orrore la ridente piaga, “verso la fine del 1477 scoppiarono qua e la vari casi di peste, che poi infierì nei due seguenti anni 1478-1479. Cessato il contagio, il paese poté contare ancora su 6000 abitanti, e ristoravasi il castello, elevandosi cinque torrioni”.
Beppe Bonetti