Tra i vigneti ed il bellissimo paesaggio collinare della Franciacorta, presso la cantina Boccadoro di Cazzago S. Martino, si è svolto, lo scorso 16 aprile, un interessante convegno dove sono state ripercorse le tappe storiche del passaggio di Giuseppe Garibaldi durante la seconda guerra d’indipendenza. Quest’ultima fu combattuta dalla Francia e dal Regno di Sardegna contro l’Austria, dal 27 aprile al 12 luglio del 1859, con l’obiettivo di rendere l’Italia libera e indipendente.
L’evento, che è stato il primo in programma nell’ambito della IV edizione del “Premio Nazionale Franciacorta” organizzato dall’associazione “In Vino Veritas”, vedrà nei prossimi mesi la realizzazione di appuntamenti culturali di grande rilevanza inseriti nel contesto degli eventi di “Bergamo e Brescia capitali della cultura 2023”.
L’incontro non poteva che aprirsi con l’inno nazionale, il tributo al Tricolore e con i saluti del sindaco di Cazzago Fabrizio Scuri che ha ringraziato gli organizzatori e tutti i presenti.
La seconda guerra d’indipendenza italiana (1859) fu preparata a livello internazionale dal capo del governo piemontese, Camillo Benso conte di Cavour, che strinse un’alleanza con il re di Francia Napoleone III. Fu quindi combattuta dalle forze unite di francesi e piemontesi. L’Austria fu sconfitta e costretta a cedere la Lombardia, che fu annessa così annessa al Piemonte. In questo quadro storico si inserisce la campagna condotta da Garibaldi, nelle province di Bergamo e Brescia, per la loro liberazione in nome del re Vittorio Emanuele II.
Ilprof. Angelo Brumana, presidente di “Testimonianze Franciacorta”, ha introdotto la storia di Garibaldi evidenziando come, gli eventi del Risorgimento, siano oggi sempre meno insegnati nella scuola. «Se la scuola retrocede sui valori storici e sulle nostre origini – ha spiegato – avremo generazioni sempre più prive di radici. Buona parte della storia risorgimentale, infatti, si è svolta tra Brescia e Bergamo e Brescia è stata una delle capitali più importanti del Risorgimento italiano». Il professore ha poi invitato tutti a visitare il museo del Risorgimento presso il castello che è stato recentemente restaurato dal Comune di Brescia.
L’avvocato Carlo Savioni (presidente del Museo Storico di Bergamo) con il suo intervento ha illustrato la nascita dei Cacciatori delle Alpi e gli eventi di Bergamo. A Garibaldi venne affidato il fronte secondario della guerra, quello pedemontano, mentre le truppe regie di Vittorio Emanuele II avrebbero affrontato il nemico più a sud, portando così avanti il fronte di liberazione in parallelo.
Il prof. Gianluigi Valotti ha proseguito raccontando la campagna di liberazione di Giuseppe Garibaldi e dei suoi Cacciatori delle Alpi attraverso la Franciacorta per poi giungere fino a Brescia. Va detto che Garibaldi venne molte volte in Franciacorta, soprattutto dopo l’unità d’Italia, per inaugurare le stazioni di tiro al bersaglio dove la gioventù poteva esercitarsi nell’uso delle armi. Tornando alla campagna di liberazione del 1859, l’8 giugno, Garibaldi arrivò a Bergamo trovando la città libera perché gli austriaci si erano ritirati. Il 12 giugno giunse a Palazzolo dove è ancor oggi ricordato con una targa nella casa in cui sostò. Incontrò il comandante Pisani che prese la strada verso Cologne passando per Coccaglio, Rovato, Ospitaletto, Mandolossa, giungendo fino a Brescia; qui fu il primo ad entrare in città con 40 uomini occupando così il castello. Aprì l’arruolamento di volontari e issò la bandiera dell’Italia indipendente nel nome del re Vittorio Emanuele II.
Garibaldi il 12 giugno si trovava a Palazzolo; a mezzanotte partì per San Pancrazio transitando per Capriolo, Zocco, Erbusco e Cazzago. Passò quindi sul lato nord del Monte Orfano, ammirandone il territorio, uscendo infine al ponte della Mandolossa. Si riporta che, passando per Cazzago S. Martino, definì la zona come “luogo bucolico e bellissimo costituito da colline ridenti, fresche di erbe, piante e fiori, olezzanti e rugiadosi”. Ebbe grandi segni di affetto da parte della popolazione locale. Passando per la località Cà del Diaol giunse così alla Mandolossa. Arrivò quindi verso Brescia passando dal ponte del torrente Gandovere. Il 13 giugno entrò in città da porta San Giovanni (ora via Milano) con grandi onori e il suono a festa delle campane. La gioventù di Brescia corse ad arruolarsi. Molti furono i bresciani che lo seguirono armandosi con roncole e coltelli. Proseguì quindi il suo cammino verso Sant’Eufemia, arrivando a Rezzato, e poi in località Treponti dove si svolse una cruenta battaglia con numerose perdite da entrambe le parti. Proseguì poi per Paitone e Gavardo ed il giorno 18 giugno entrò trionfalmente a Salò. Successivamente, per non incontrare i francesi, si diresse verso le coste di Sant’Eusebio. Il 21 entrò a Caino e tornò poi in Franciacorta passando per Ospitaletto, Palazzolo, giungendo nuovamente a Bergamo il giorno 24 proprio nel momento in cui avvenne la cruenta battaglia tra le truppe austriache e l’esercito francese e piemontese a Solferino e San Martino. A Garibaldi va anche il merito di aver liberato tutte le valli bresciane arrivando sino a Ponte Caffaro.
La conferenza si è chiusa con l’intervento di Francesco Garibaldi Hibbert, suo discendente, che ha sottolineato come Giuseppe Garibaldi sia riconosciuto in tutta la nazione come il padre della Patria; in quasi tutti i comuni della penisola vi sono strade o piazze a lui intestate. «Non va mai dimenticato – conclude Hibbert – che numerosi furono i nomi illustri che insieme a lui contribuirono ai suoi successi. Tra questi troviamo i fratelli Bronzetti, Cosenz, Camozzi, Cesare Abba, i fratelli Enrico e Emilio Dandolo originari di Adro, migliaia di volontari, gente comune, che lo seguì e perse la vita in nome della libertà».
Il contributo dei bresciani fu notevole anche per la spedizione dei Mille e per le campagne nel resto d’Italia: furono 1200 gli uomini provenienti da Brescia, di cui 300-400 esuli provenienti da altre nazioni. Chiude Hibbert: «Non possiamo e non dobbiamo mai dimenticare il sacrificio di queste persone che hanno dato la vita per la libertà e l’unità dell’Italia».
Emanuele Lopez