Ogni anno i vari Plessi della Scuola Primaria inaugurano l’inizio delle lezioni con una festa dal nome significativo: la “festa dell’accoglienza”! Potevamo chiamarla semplicemente “festa di inizio anno” oppure “festa di benvenuto” o ancora “festa della scuola”. Per chi lavora PER l’educazione e crede nell’educazione come valore e come potente antidoto all’ignoranza, all’intolleranza e all’odio che, mentre scrivo, sta raccogliendo messi di proseliti sulla rete con l’hashtag #bastanegri, praticare l’accoglienza si profila quale entusiasmante, seppur ardua, sfida con cui abbiamo il dovere e l’opportunità di confrontarci quotidianamente. Opportunità, se non addirittura Fortuna, direi, per tutti: insegnanti, alunni, famiglie! È di questi giorni anche la notizia che, in provincia di Latina, alcuni genitori italiani hanno ritirato i loro figli da una classe di Scuola Primaria perché “la presenza di tanti alunni di origine indiana rallenterebbe il loro apprendimento.”! Una delle menti più brillanti del nostro panorama culturale ha commentato con saggezza: “Costoro non capiscono quanto sia importante lo stare insieme, perché noi non siamo Italietta, noi siamo Europa, noi siamo mondo!”.
Talvolta pure dinanzi ai nostri cancelli si scorgono alcuni sguardi sgomenti quando vengono affissi gli elenchi delle classi: scorrono uno dopo l’altro, in ordine alfabetico dieci, undici Kaur, Kryeziu, Singh e altri nomi e cognomi che a noi risultano, almeno all’inizio, persino di difficile pronuncia. Eppure quegli stessi nomi basta un giorno o due e prendono forma: diventano sorrisi spontanei e calorosi abbracci, diventano migliori compagni di gioco, diventano amici del cuore, perché i bambini, loro, sanno percepirsi come bambini e basta, bambino uno e bambino l’altro, seduto uno accanto all’altro nei banchi disposti ad isole dell’aula o nei tavoli della mensa, bambino uno e bambino l’altro a rincorrersi in cortile o nel corridoio, a partecipare alle festine di compleanno, a scoprire insieme la meraviglia e il mistero della lettura e, soprattutto, bambino uno e bambino l’altro insieme a SOGNARE. Proprio il SOGNO è il filo conduttore dell’azione didattica di questo nuovo anno scolastico. “Credi nei tuoi sogni, credi in ciò che sei, tu hai delle capacità che come te nessuno ha, cercale e inseguile”: queste le parole della canzone intonata all’aperto dagli alunni, mentre nei corridoi s’intravedono danzare, agitati dalla brezza leggera di fine estate, i sonagli e le piume degli acchiappasogni che pendono dai soffitti di tutti i plessi, frutto della fantasia e della creatività di maestri e alunni. Qual è la funzione di un acchiappasogni a scuola? Non certo quella di scacciaincubi, quanto piuttosto quella di rete che avviluppa i sogni, stelle da tenere strette.
“Con il cuore leggero volate sempre più su, i sogni vi guideranno e non vi perderete più” recita la poesia che i bambini di quinta declamano ai bambini di prima, a cui regalano l’ape sognatrice, quella che insegna a tutti che “i sogni sono preziosi e mai distrutti. Basta crederci con tutto il cuore e ogni sogno diventa uno splendore!”. L’ape sta anche a testimoniare, però, che i sogni diventano splendore solo grazie all’impegno costante, al lavoro silenzioso nell’alveare, in una comunità in cui ognuno esegue alacremente il proprio compito per il benessere comune. E proprio un enorme alveare è la nostra Scuola Primaria, in cui tutti indistintamente, dal più piccolo al più grande, dal bambino anticipatario di soli cinque anni e mezzo alla Dirigente, si impegnano e collaborano, affinché si respiri quel clima accogliente in cui i sogni diventino la vita che ciascuno vivrà.
Maria Rosaria D’Ambrosio