Torna a far parlare di sé suor Elvira Ossoli di Orzivecchi, per la quale si avvicina sempre più il traguardo della Beatitudine. Domenica 26 maggio a Orzivecchi nella chiesa della Disciplina, il nipote per parte di madre, Mauro Farina, ha parlato di lei davanti a una platea di piccoli bambini avvolti dall’aura di santità della suora morta di ebola nel ’95 in Congo,. all’età di 59 anni. Il 17 marzo 2021 Papa Francesco ha autorizzato i decreti che riconoscono le virtù eroiche esemplari di questa suora, nata il 26 agosto del 1936 a Orzivecchi e morta a Kikwith, nella Repubblica democratica del Congo il 23 maggio del 1995. Nel 2014 è iniziata per lei la causa diocesana verso la beatificazione. Dapprima è stata riconosciuta come “Servo di Dio”. Successivamente la procedura è stata trasmessa alla Congregazione delle cause dei Santi e in base alla prassi è spettato al Papa attribuirle il titolo di “Venerabile”. Adesso si potrà procedere con la causa di beatificazione. Dopo la proclamazione di “Beata”, le fasi di canonizzazione della chiesa cattolica, prevedono il titolo di “Santa”.
“E’ stata una mattinata tanto emozionante quella dell’incontro con i fanciulli di Orzivecchi – spiega il nipote – che quasi si percepiva la presenza umile e discreta di suor Elvira. D’ altra parte proprio in quella chiesetta e nella chiesa principale, spesso trovavano mia zia intenta a pregare e a fissare il crocefisso, dopo averla cercata in ogni dove. I bambini sono arrivati incuriositi da questa figura e desiderosi di sentire dalla mia voce la storia della vita e del sacrificio di una suora che per loro era fino a ieri soltanto un nome. A Elvira Ossoli hanno accostato poi alcune pregevoli virtù, come la determinazione, la capacità di amare, di donare, ma soprattutto di unire l’operosità alla spiritualità più profonda e vera. Abbiamo mostrato ai ragazzi – continua Farina – alcune fotografie del viaggio che ho fatto nel 2010 in quella terra per vivere da vicino la vita di mia zia, sentire odori e suoni che avevano così contribuito a rafforzare in lei la sua forza di amare”. Suor Elvira certamente avrebbe voluto si parlasse poco di lei e tanto di quella terra e di quella sua gente, come la chiamava con tanto affetto. Dopo la benedizione del parroco don Francesco Pedrazzi – chiude Farina – ci siamo lasciati con la promessa ed il desiderio di “festeggiare”, nel 2025 il 30esimo anniversario del sacrificio, anche consapevoli che in un mondo che ha smarrito i veri valori, non si debbano mai dimenticare le figure che hanno vissuto e lavorato per renderlo migliore”.
Suor Anna Elvira a Orzivecchi ha vissuto la sua gioventù, amata e ricordata con grande affetto da chi la conobbe e trascorse con lei gli anni dell’adolescenza. Poi la vocazione e la scelta coraggiosa di entrare nell’ordine delle Poverelle, per aiutare i bisognosi. Per far questo studiò da infermiera professionale presso l’ospedale di San Giovanni in Laterano a Roma. Poi si specializzò in ostetricia e nelle malattie tropicali in Belgio. C’è un nome col quale veniva chiamata nelle missioni in Congo dove è stata per più di trent’anni. Suor Anna Elvira era per tutti la “Madre della vita”. “Ha fatto nascere migliaia di bambini – aveva ricordato suor Lina Adele, postulatrice generale per le cause dei santi della Casa madre della congregazione a Bergamo. “Era una persona solare, serena, molto amata da tutti. Tanto che nel 1992 era stata nominata Superiora provinciale di tutte le suore Poverelle in Africa: Congo, Costa d’Avorio e Malawi. Chi l’ha vista partire dalla sua missione di notte su una strada impraticabile per 550 km – continua suor Lina Adele – un mese prima di morire, per andare ad aiutare in un ospedale una consorella che aveva contratto l’epidemia, l’ha definita un generale che andava in prima linea a combattere una guerra. Guidata dal coraggio e dall’amore, è arrivata di persona a portare il suo aiuto. C’erano altre suore giovani a curare i malati. Ma suor Anna Elvira diceva sempre loro di andare a pregare, di non rischiare la vita. In ospedale sarebbe rimasta lei”. Messa in isolamento, ha rifiutato il plasma per essere curata, chiedendo di riservarlo a bambini, che ne avevano più bisogno. Una scelta fatale, che il 23 maggio del ’95, dopo pochissimo tempo, le costò la vita, ma lasciò pure di lei un ricordo indelebile, un messaggio d’amore, carità e generosità infiniti. Silvia Pasolini