È ormai simpaticamente conosciuto come l’osservatorio “orceano” quello installato nelle campagne coniolesi dal dottor Gianandrea Bodini, un luogo unico nel nostro territorio per l’osservazione di stelle, pianeti e costellazioni. Grazie alla continua e vivace attività di divulgazione dell’astrofilo che è anima di questo progetto, il grande impianto – dotato di ben due telescopi fissi ad altissimo potenziale – continua a regalare alla comunità fotografie mozzafiato.
Non possiamo non pubblicare, dunque, gli scatti che l’amico Gianandrea ha inviato alcune settimane fa alla nostra Redazione, sia per la loro straordinaria bellezza, sia per la curiosità che spinge ad immaginare come, al di là della coltre di nubi che ci sovrasta, continui a sprigionarsi un universo che non smette di regalarci sorprese e meraviglie.
«Durante la tarda stagione autunnale, sono diverse le bellezze che il cielo ci permette di osservare – commenta Bodini – È il caso, ad esempio, della grande Galassia di Andromeda, una stupefacente costruzione “a spirale barrata” che dista circa 2,5 milioni di anni luce della Terra, tanto da renderla la costellazione più vicina a quella in cui ci troviamo, la Via Lattea». Tanto “vicine”, considerato che 1 anno luce corrisponde a circa 9461 miliardi di chilometri, che, come stimato da alcuni astronomi, anche se sul punto non c’è certezza, in tempi altrettanto “biblici” (si parla di 5 miliardi di anni) Via Lattea e Galassia di Andromeda andranno a “collidere” tra loro, tanto da “fondersi l’una con l’altra”.
«Molto interessante è anche notare come nella foto della Galassia di Andromeda si possa intravedere come un piccolo batuffolo di cotone: ecco, quella è la galassia ellittica nana M32, scoperta, pensate, già nel 1749 dall’astronomo francese Guillame Le Gentil quando aveva soltanto ventiquattro anni – continua Bodini – Altrettanto affascinante è la cosiddetta Galassia del Triangolo, M33, che si mostra sempre e solo in autunno, da noi distante circa 2,88 milioni di anni luce».
Non si tratta, chiaramente, di scatti istantanei, come se si stesse facendo una fotografia con uno smartphone, ma della sommatoria di moltissime ore di ripresa, non sempre capaci di catturare al massimo della potenzialità degli strumenti a disposizione la bellezza di questi oggetti celesti. «Bisogna calcolare che queste immagini sono ottenute con una media di circa quattro o più ore di riprese continue, i cui fotogrammi vengono poi integrati da un apposito software – conclude Bodini – Purtroppo, tema sul quale già mi sono speso, il grave inquinamento luminoso che interessa il nostro territorio rende difficile, se non si possiedono strumentazioni davvero all’avanguardia, ottenere riprese nitide e di grande qualità».
Un po’ meno fari e luci notturne del tutto inutili, dunque, per tornare, parafrasando la Commedia, “a riveder le stelle”.
Leonardo Binda