A volte capita che cercando informazioni su un certo argomento, ci si imbatta in saggi che, pur trattando argomenti lontani dai tuoi interessi, attraggono la tua attenzione. È il caso che mi è accaduto e che vado narrando. In breve: rimbalzato da una citazione all’altra sono approdato ad una rivista di una importante biblioteca italiana.
Il saggio ricercato si mostrò deludente, nel senso che forniva indicazioni sull’oggetto specifico della mia indagine che avevo già acquisite da altre fonti.
Passai comunque in rassegna l’indice generale del periodico nella speranza di trovare altri articoli che potevano risultarmi utili. La mia attenzione venne attratta da un articolo nel cui titolo c’erano le parole: “Giovanni Bracesco da Orzinuovi”. Lessi l’articolo e lo trovai interessante perché bene argomentato.
Chi era Giovanni Bracesco da Orzinuovi?
Il Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani gli dedica una sintetica scheda, nella quale si legge che era nato a Orzinuovi, ma che “non se ne conosce la data di nascita, che, tuttavia, può porsi verso il 1481, secondo una informazione tramandataci da G. Gratarolo, che lo conobbe personalmente. Dedicò la propria vita agli studi di alchimia e da vecchio, ormai più che settuagenario, ebbe una certa notorietà. Non si sa quasi nient’altro della sua vita”.
Anche Tolasi nel suo lavoro Fatti e personaggi nella storia di Orzinuovi, scrive: “Non esistono molte notizie sulla vita di Giovanni Bracesco”.
L’orceano viene ricordato perché autore di due operette in volgare: “Il Legno della vita, di Messer Giovanni Bracesco, nel quale si dechiara qual fusse la Medicina per laquale gli primi Padri vivevano Novecento Anni”, pubblicata a Roma nel 1542; “La esposizione di Geber Philosopho di misser Giovanni bracescho da Iorci novi, nella quale si dichiarano molti nobilissimi secreti della natura”, pubblicata a Venezia nel 1544, insieme alla prima opera leggermente modificata (Geber è il nome latinizzato di un famoso alchimista persiano vissuto nell’ottavo secolo).
“La fortuna degli scritti del Bracesco è confermata dalla notorietà goduta fra i cultori di alchimia che nei loro scritti annoverano o citano Bracesco fra gli autore moderni”, ed è testimoniata dalle svariate edizioni delle due operette, tradotte in latino (non dall’autore) e per lo più edite insieme.
Edizioni da me controllate oltre a quelle già citate: 1548, una a Lione e una a Norimberga, entrambe in latino ed entrambe non riportano il nome dell’autore (“author quisquis fuit”, l’autore chiunque egli fu); 1551, Venezia, ristampa; 1561, Basilea, in latino; 1562, Venezia, ristampa; 1673, Amburgo, in latino.
Ne vengono segnalate altre che non ho avuto modo di controllare.
Questo è più o meno quanto si conosceva, o almeno che io conoscevo, di Giovanni Bracesco di Orzinuovi, fino alla pubblicazione del saggio sopra citato in cui sono casualmente incappato. L’autrice dell’articolo leggendo un volume sui Guicciardini e sui loro rapporti con l’alchimia, si sofferma sul carteggio (otto lettere) intercorso tra Luigi Guicciardini, fratello primogenito dello storico Francesco e personaggio di rilievo della vita politica fiorentina, e un certo prete Giovanni Bersano, che vive a Cortona.
Queste lettere (datate dal 30 novembre al 28 aprile 1540) suscitano l’interesse dell’autrice, pur non rientrando l’argomento nel suo campo d’indagine: “subito mi sono apparse di grande interesse non solo per la dottrina dispiegata con competenza da trattatista e rara chiarezza, ma anche per la consonanza con argomenti e temi degli scritti del noto alchimista Giovanni Bracesco, soprattutto della sua Espositione di Geber philosopho stampata a Venezia nel 1544, dunque successiva alle lettere”.
Chi era Giovanni Bersano? In due lettere l’alchimista si sottoscrive prete Giovanni da Bressa, ossia da Brescia e nelle altre prete Giovanni bersano.
Annota l’autrice: “bersano inoltre è lo stesso che ‘bressano’, bresciano, e indica la terra di provenienza”.
Sentendosi ormai avanti negli anni (“perché oramai sono vecchio e desidero quietarmi”), “il prete bresciano, che si trova a Cortona, dove non sappiamo quando si sia stabilito e in che circostanza, viene a conoscenza da un suo ‘intimo’ che Luigi Guicciardini è persona ‘umanissima e molto litterata’ e che – sebbene non lo dica esplicitamente – è un cultore di alchimia, scienza alla quale si interessa anche il figlio Nicolò. Nella speranza di stabilirsi al servizio della ricca e autorevole famiglia fiorentina, prete Giovanni di propria iniziativa scrive al Guicciardini per informarlo della propria scienza nell’alchi-mia”. Queste informazioni su questioni generali dell’arte alchemica, comparate dall’autrice con passi delle opere di Bracesco,
dimostrano una sostanziale convergenza e unite alla indicazioni fornite dal prete sulla sua provenienza, permettono di identificare con sicurezza l’identità del prete: Giovanni Bersano non è altri che Giovanni Bracesco. “Non lasciano dubbi gli innumerevoli riscontri con la sua opera a stampa: coincidenze di teoria, di temi, di lessico, di citazioni, ecc.”
Ma quali notizie su Bracesco possiamo trarre dalle lettere?
• Essendo povero nel 1518 lasciò la Lombardia per recarsi in Toscana e a Roma: “essendo in Lombardia puovaro non ci sono più per ritornare, che nel desdotto io venni in Toscana, dove sempre sono stato e in Roma”.
• Fu al servizio di Fiorentini in Roma: “Io sono stato un tempo servitore de’ Fiorentini in Roma”.
• Tra i Fiorentini dei quali era stato a servizio vi fu probabilmente il grande banchiere Giovanni Gaddi: “Essendo con Misser Giovanni Gaddi alle minere de la Tolfa e di Castro, vidi che gli minerali fundevano le minere con la propria materia vitrificata e quasi tutta la minera si convertiva in vetro”.
• Nel 1539 – 1540 si trova a Cortona da dove indirizza a Guicciardini le otto lettere.
Altre notizie, note o meno note, si possono ricavare dalle opere sue o di altri.
• Nel 1542 è a Roma dove pubblica Il legno della vita, dedicandolo al cardinale Alessandro Farnese.
• Nel 1544 pubblica a Venezia L’espositione di Geber, con una dedica a Bartolomeo Martinengo di Villachiara.
Un passo di questa dedica rende plausibile l’ipotesi che il Bracesco sia entrato al servizio di Bartolomeo e sia ritornato con lui in Lombardia (le cause che mi hanno mosso a dedicare questi miei scritti…sono tante et tali, che altro luogo & ocasione più degna aspettano a narrarle a pieno, per hora basti questo che V.S. Illustrissima è tale ch’io mi conosco esserle deditissimo servidore, & la supplico che si degni accettare con lieto volto questo picciol testimonio della mia fedel servitù). Anche il fatto che l’opera goda del privilegio di dieci anni sia del pontefice sia del senato veneto (“con privilegio del sommo Pontefice Paulo III, & dello illustriss. senato Veneto, per anni diece”) depone a favore di un interessamento da parte del Martinengo, personaggio con ottime entrature sia a Roma che a Venezia. Giova ricordare che il privilegio, non facile ad ottenersi, era una sorta di tutela dei diritti dell’editore e dell’autore: proibiva e perseguiva penalmente le edizioni pirata fatte da altri stampatori. Cosa molto frequente a quei tempi.
• Nel 1554 è a Torre Pallavicina.
Le tesi del Bracesco sono contraddette da un altro alchimista: Robertus Tauladanus.
Questi nella sua operetta dove intende confutare il Bracesco ci informa che nel 1554 era venuto dalla Vasconia (Guascogna, regione e antica provincia storica della Francia sud-occidentale) in Italia per discutere con l’orceano; che arrivato a Orzinuovi, aveva appreso dal fratello del Bracesco che questi viveva a Torre Pallavicina presso Alberto Pallavicino; che subito vi si era recato (In Italiam perrexi, nec unquam ab incepto itinere destiti, donec Urceos novos pervenissem. Ubi cum a fratre tuo intellexissem te apud Turrim illustrissimi Alberti Palavicini degere, statim me illuc contuli, et succinta oratione causam itineris mei tibi indicavi – Mi diressi in Italia, senza mai fermarmi, finché non giunsi a Orzinuovi. Saputo da tuo fratello che dimoravi a Torre dell’il-lustrissimo Alberto Pallavicino, mi son subito diretto lì e in poche parole ti illustrai il motivo del mio viaggio).
• Nascita e morte. Gli estremi biografici dell’orceano possono essere meglio circoscritti grazie alla testimonianza del medico bergamasco Guglielmo Grataroli (o Gratarolo).
Questi nel 1561 pubblica a Basilea, dove si era rifugiato per sfuggire a una condanna capitale per eresia, una accurata raccolta di scritti di alchimia, tra cui anche Il legno della vita in latino. Nella nota introduttiva all’opera ci fornisce alcune informazioni: ha conosciuto il nostro quando questi aveva ormai settanta anni (“iam septuagenarius familiarissime novi”); ha ricevuto da lui dieci anni prima come dono il dialogo (“mihi ante annos decem, quum in Italiam essem, Dialogum a se compositum & scriptum dono dedit”); ha tradotto lui stesso il dialogo in latino (“ut ex italico in quo scriptus erat, in Latinum sermonem illum verterem”).
Nel novembre 1550 (data certa) il medico bergamasco si è già rifugiato a Tirano in Valtellina per non sottoporsi ad un nuovo procedimento dell’inquisizione. I suoi contatti con Bracesco devono essere avvenuti prima di questa data.
Se Grataroli conosce l’orceano quando questi è ormai settantenne la data di nascita deve essere collocata nel 1480 e non più tardi.
Inoltre il tenore della nota introduttiva citata farebbe pensare che nel 1561 il Bracesco fosse deceduto. Se così fosse la data della morte deve essere collocata tra il 1554, anno in cui Bracesco riceve a Torre Pallavicina la visita dell’alchimista Tauladanus, e il 1561.
Le informazioni fornite dall’autrice dell’articolo sono importanti perché riguardano un personaggio di cui si ignorava tutto o quasi. È indubbio che ci sia ancora molto da indagare, ma, come commenta l’autrice, “L’apertura biografica su luoghi e persone ora offerta dalle lettere al Guicciardini consentirà di proseguire le ricerche sulla sua attività”.
Autrice del saggio: Francesca Cortesi Bosco.
Titolo del saggio: Per la biografìa dell’alchimista Giovanni Bracesco da Orzinuovi e un enigma di alchimia.