Nel momento in cui pensiamo al passato come a qualcosa di superato, ecco invece che la storia si ripete. Orzinuovi, VI secolo.
In paese sfilava lo stendardo del Foppa, commissionato per scongiurare il ritorno di una peste che ha aveva mietuto più vittime di una guerra. Nel 2021, dopo cinquecento anni, un altro flagello si abbatte sul paese.
La storia ritorna, se non tale e quale, molto simile.
Il sindaco Maffoni pensa di riportare a Orzinuovi quella bandiera che Brescia ormai si è fatta sua dal 1909 e di cui il paese da decenni rivendica inutilmente la proprietà.
Nel 2022, eccezionalmente dopo più di 100 anni, lo stendardo del Foppa, datato 1514, tornerà a casa.
Sarà portato nella Rocca di Orzinuovi per una grande mostra che durerà 6 mesi. “Sarà un evento molto importante – ci spiegano il sindaco Gianpietro Maffoni e l’assessore alla cultura Carlo Lombardi.
“Investiremo molto su questa mostra, perché dopo più di un secolo Orzinuovi avrà l’onore di ospitare nuovamente lo stendardo che è stato nostro per 400 anni.
Sarà esposto nella Rocca e sarà il pezzo di punta di un’importante mostra dedicata al ‘500, organizzata con lo storico e critico d’arte Roberto Consolandi, in collaborazione con l’Acca-demia Carrara di Bergamo.
La mostra resterà aperta per 6 mesi e poi restituiremo il vessillo a Brescia Musei e insieme ci prepareremo a entrare nel circuito “Brescia Bergamo capitali della cultura 2023”.
Aveva più di 85 anni il Foppa quando accettò l’incarico da Orzinuovi di realizzare lo stendardo.
Fu l’ultimo capolavoro della sua carriera, una sorta di testamento prima di lasciare questa terra nel 1515.
Pittore di Brescia nato intorno al 1427, crebbe vicino alla cultura della corte sforzesca.
Lo stendardo è un’opera povera, una bandiera che il Comune di Orzinuovi nel 1500 aveva commissionato a Foppa, artista molto famoso a quel tempo, per scongiurare la peste.
L’ultima speranza che restava agli orceani era una bandiera da portare in processione.
Il Comune in realtà gli aveva chiesto un dipinto della Vergine tra san Rocco protettore della peste e san Giorgio, a cui è dedicato il castello.
Foppa invece cambiò iconografia e dipinse la Vergine tra santa Caterina e san Bernardino su un lato; san Sebastiano in mezzo, san Giorgio a sinistra e san Rocco a destra sull’altro lato.
La bandiera è entrata nelle collezioni della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia nel 1909.
Prima era a Orzi e alcuni documenti riportano che era stata trovata nel 1884 nella cappella della parrocchiale appesa come un quadro senza la possibilità di mostrare il lato posteriore.
Era molto rovinata.
Poi d inizio ‘900 fu posta nella chiesa dei Morti, di fronte al Carnerio, a tamponare il vetro rotto di una finestra.
Era in un pessimo stato di conservazione.
Nel 1909 Luigi Cicogna, il direttore della pinacoteca Martinengo di Brescia, la ottenne con la garanzia di un restauro.
Venne affidata ai fratelli Stefanoni di Bergamo i quali non seppero nemmeno formulare un preventivo, tanto era danneggiata.
Però il lavoro venne svolto e la parte inferiore, ormai totalmente mancante, venne ricostruita.
Il restauro non durò molto tempo e nel 1958 il vessillo necessitò di un nuovo intervento e poi ancora.
Le ultime sistemazioni sono state realizzate di recente e hanno permesso di capire che la pittura era attaccata alla tela in un modo superbo, nonostante gli usi sconsiderati che dello stendardo sono stati fatti, a dimostrazione della perizia tecnica di Foppa.
La tela su cui è dipinto il quadro è di lino, molto povera e nodosa, così come poveri sono i vestiti dei santi, a significare un profondo rispetto nei confronti di Orzinuovi, disperata, messa in ginocchio dalla peste.
Un vessillo di miseria, come l’hanno definito i critici, che è la vera incarnazione del significato a volte taumaturgico dell’arte, che non è solo portare l’uomo al divino, ma anche portare il divino sulla terra, per avvicinarlo e renderlo tangibile.
Silvia Pasolini