Comune autonomo fino al 1927 e da allora frazione di Orzinuovi, Barco ha sempre saputo affascinare: che sia la straordinaria vista sulla vallata creata dal fiume Oglio, capace di segnalare all’orizzonte gli edifici più iconici dell’eterna “nemica” Soncino – la torre civica, le murature del castello e il campanile della Pieve –, oppure ancora il grande senso di comunità che da sempre lega i suoi abitanti, questa ridente località continua a regalare straordinari scorci di un passato che sembra sempre più lontano.
Sono gli archivi di Francesco Amico – amico e “collaboratore honoris causa” della nostra Redazione – a regalare questi straordinari scatti con protagonisti uomini e donne della Barco degli anni ’50: scavatori, lavoratori, cacciatori e assidui frequentatori dell’oratorio del piccolo centro abitato.
Un tempo residenza di campagna della nobile famiglia bresciana dei Martinengo, Barco vanta una storia davvero straordinaria: l’antica abitato si sviluppa infatti intorno ad un castello eretto nel corso del ‘400, poi trasformato in residenza di piacere e luogo di cultura e promozione delle arti. Da questo piccolo centro passarono numerosi stampatori soncinesi di origini ebraiche – è ormai certo che il celebre tipografo Gershom Soncino, noto anche come “Hieronymus”, vi sostò dal 1496 al 1498, in fuga dal decreto di espulsione degli ebrei dai territori del Ducato di Milano diramato da Ludovico il Moro –, nonché nobili e letterati. Nel 1610 il cronachista e militare Giovanni da Lezze descrisse il possedimento dei Martinengo come «un castello in collina circondato da mure senza fosse con la porta che si serra», con all’esterno «un bel giardino con una fontana». Un locus amoenus, la cui bellezza e genuinità si legge ancora nei volti dei barcensi immortalati in queste belle fotografie che, chissà, qualche attento occhio possa ancora riconoscere.
LB