Il titolo di questo articolo è stato ideato da Cristina Premoli, un’alunna del nostro IC, frequentante la classe 2I della scuola secondaria di primo grado, nel plesso di Orzivecchi. La studentessa, nell’ambito del progetto di Educazione Civica Mens Sana in Corpore Sano, ha scritto il racconto realistico, di seguito riportato, relativo alla tematica “Quando i sogni si trasformano in talenti”. Tale elaborato è stato selezionato dagli insegnanti, dai coordinatori della commissione di Educazione Civica e dalla referente della medesima, Annalisa Raccagni, dai docenti referenti dei dipartimenti disciplinari, dall’addetto stampa e dalla Dirigente Scolastica Raffaella Ferranti per essere qui pubblicato. Infatti, queste righe sono imbevute di entusiasmo, di passione, di creatività, di valori e di un affetto, che lega in modo speciale e unico tre donne, permettendo la trasmissione di un talento. Non mi resta che augurarvi una piacevole lettura.
Era un giorno di ottobre quando vidi mia nonna cucire.
Le chiesi se potessi vedere cosa stesse realizzando e lei mi disse: “Certo, anzi, vieni a provare”.
Io felicissima andai, provai a completare il suo lavoro, la nonna mi diede l’ago, ma nella distrazione mi feci male da sola.
Mi scese una lacrima, ma la ritirai e continuai a riprovarci finché non riuscii a fare una cucitura perfetta e questo rese la nonna fiera di me.
Appena tornai a casa, presi una calza e il set da cucito di mia mamma. Le mie mani tremavano ancora dall’emozione provata poco prima e con il cuore in subbuglio mi chiusi in camera. Iniziai a cucire e cucire e mi venne fuori…uno sgorbio! Però ero piccola e felice di quello che avevo realizzato, così decisi che quell’affarino che avevo creato dovesse chiamarsi Spongebob.
Crescendo e allenandomi a cucire, migliorai le mie tecniche e i peluche divennero sempre più belli, così come la mia passione divenne sempre più forte.
Iniziai anche a fare degli abitini per le bambole, la prima volta non erano tanto belli, ma poi iniziai a farli sempre più belli e anche con tessuti migliori. La mia cavia per i vestitini era ed è ancora la mia bambola alta all’incirca mezzo metro come il mio braccio. Trascorso un po’ di tempo, viste le numerose calze scomparse, mia mamma iniziò ad avere dei sospetti.
Un giorno entrò in camera mia silenziosamente, mi vide cucire e tagliare delle calze. Appena vide che maneggiavo le calze che cercava disperatamente, si arrabbiò, urlando con tutta la sua voce. In quel momento, il mio cuore iniziò a battere fortissimo, provando una paura mista a tristezza, poiché non capivo il perché mia madre mi sgridasse, visto che stavo realizzando un qualcosa che per me era bellissimo e soprattutto stavo facendo quello che lei ha visto per tutta la vita fare a mia nonna. Mia madre, passata la rabbia, si accorse della passione forte che avevo per il cucito e da quel giorno mi fece trovare lei dei tessuti appositi per cucire.
Prof.ssa Edda Tomasoni