Tutela dell’ambiente, preservazione della biodiversità, impegno nella sensibilizzazione delle nuove (e anche delle vecchie) generazioni rispetto alla tutela del ricchissimo patrimonio arboreo e faunistico che trova, lungo le sponde del fiume Oglio, la sua dimora più feconda: questi i pilastri dell’azione del Parco Oglio Nord. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il presidente Luigi Ferrari e con il coordinatore delle Guardie Ecologiche Volontarie Guardia Parco Giuseppe Faletti.
Nel corso di questi mesi il Parco ha dovuto fare i conti con un’ondata del tutto anomala di incendi: come è possibile spiegare questo aumento esponenziale di simili fenomeni?
Sicuramente l’arsura di questi mesi ha creato una situazione davvero molto pericolosa per un territorio come quello del Parco, ricchissimo di vegetazione che, senza un corretto apporto d’acqua, di necessità tende a seccare. In queste settimane sono stati ben sei gli episodi di incendi nel territorio, un numero davvero impressionate, dei quali ben quattro avvenuti sostanzialmente in un raggio di poche decine di chilometri: a Barco, nei pressi della cascina Nestorine, a Torre Pallavicina e, da ultimo, nel territorio di Bompensiero.
Quale l’origine e quali le iniziative per provvedere allo spegnimento?
Chiarire con certezza l’origine di questi fenomeni è del tutto impossibile per assenza di prove. Noi pensiamo si tratti di situazioni colpose.
Fortunatamente, essendo il nostro territorio interessato prettamente da latifoglie, gli incendi si espandono molto più lentamente che in situazioni dove la flora è prevalentemente composta da essenze resinose, permettendoci, agendo per tempo, di estinguere il tutto senza che si espanda eccessivamente.
Grazie alla messa in campo delle forze d’intervento, nelle quali sono compresi Vigili del Fuoco e Guardie volontarie, siamo riusciti a contenere gli incendi prima che divampassero del tutto, contenendo relativamente i danni.
E, ora, è tempo di piantare nuove essenze?
Purtroppo, dopo un incendio, la legge impedisce, eccetto eccezioni valutate singolarmente, di provvedere ad un immediato ristoro dell’area colpita dall’incendio. Ciò porta con sé due conseguenze: in parte le piante tendono ad espandersi da sole permettendo, anche senza il diretto intervento dell’uomo, di rigenerare il tratto di bosco ma, dall’altra, in questo processo sono comprese anche essenze alloctone invasive, come l’ailanto o il falso indaco, che tendono a proliferare, togliendo spazio quelle autoctone.
Cosa si può dire, poi, sull’attuale situazione del corso d’acqua?
Fortunatamente da qualche anno siamo riusciti a garantire sempre la presenza del cosiddetto “deflusso minimo vitale”, pari al 10% della portata media annuale del fiume, con la possibilità di fare alcune deroghe proprio durante i periodi di necessità. È stato certamente un anno difficoltoso per tutti. L’agricoltura ha dovuto vedersela con una siccità terribile, anche se le prime semine, fortunatamente, sono riuscite ad arrivare a maturazione anche prima del consueto termine di metà agosto, causa, appunto, questo sole così intenso. Certo, quest’anno non ci si poteva aspettare i raccolti record dello scorso, ma quanto meno si è riusciti a salvare il salvabile.
Infine, per quanto concerne la questione delle centraline idro-elettriche, il Parco ha preso una posizione molto chiara…
Su quattro nuovi progetti presentati stiamo facendo opposizione nella speranza che ci venga data ragione. Siamo molto attenti e sensibili sul tema: benissimo produrre energia pulita e investire sulle rinnovabili, ma non al costo di disseminare centrali ad ogni chilometro lungo il fiume senza riguardo.
Leonardo Binda