Plinio il Vecchio definiva il gelso “Sapientissima arborum”, il più saggio tra gli alberi, perché pazientemente attende che siano scongiurate anche le gelate più tardive per emettere il fogliame. Per i Greci era la pianta consacrata al dio Pan.
Per gli orceani resta il simbolo di una fonte di ricchezza e di un passato rurale che li ha coinvolti capo e piedi fino a dopo la seconda guerra mondiale. Camminando nel parcheggio del centro sportivo di via Lonato, tra il nuovo spazio asfaltato e il verde dei campi da calcio, ti vengono incontro in fila indiana 9 gelsi maestosi, ultimi esemplari secolari di una folta schiera verde, nei decenni vittima di un cambiamento del paesaggio che li ha visti cedere il posto alla cementificazione. Quanti anziani ci raccontano che da bambini non c’era niente di più entusiasmante per loro che mangiare quelle more prelibate direttamente seduti sui rami.
“Dobbiamo salvaguardarli – dice il sindaco Maffoni. “Il moro, oltre ad essere un albero utilissimo dal punto di vista dell’economia rurale della zona, è anche una pianta maestosa, bellissima, e questo, unito al ricordo delle epoche passate, è sufficiente per imporci la necessità di conservarli. Quelle che abbiamo nel centro sportivo di via Lonato sono piante secolari o quasi, perché messe a dimora prima della seconda guerra mondiale”.
Dei gelsi ai bachicoltori interessavano le foglie. Le foglie del moro erano infatti l’alimento base per l’allevamento dei bachi da seta, che fino al secondo dopoguerra costituiva una sorta di integrazione del reddito agricolo. Anche Orzinuovi conserva con gelosia i suoi ultimi gelsi. Anche Orzinuovi ha scritto una pagina nella leggenda, ha il suo piccolo grande racconto, fatto di operai della filanda, di donne del popolo che oltre a tenere la casa, allevavano i bachi da seta.
Ecco, i gelsi di via Lonato sono il cimelio di questa lunga e bellissima storia. Silvia Pasolini