Nessuno, men che meno una mamma soncinese, si sarebbe aspettato che, nel giro di pochi anni, quella che era germogliata come semplice passione potesse riscuotere un successo così fulmineo. Sarà il gusto per il nuovo, per l’inconsueto o per la peculiarissima abilità artistica della sua artefice, il programma che Francesca ha ben redatto sulla sua agenda è sempre più denso di appuntamenti, tanto sul territorio quanto in importanti esposizioni internazionali nelle principali città d’Italia.
«Si nasce artisti, si muore artisti» si sente mormorare squadernano tomi e tomi di tavole e descrizioni, passando in rassegna le opere dei “maestri”: tutti mossi da un estro peculiare, ma accomunati dal costante amore per la propria arte. È questa l’aria che ha respirato, sin da giovane, anche la “nostra” body-artist, nativa del Borgo, cresciuta all’ombra dei torrioni della Rocca Sforzesca e formatasi nel solco della tradizione di grandi personalità soncinesi, come quella dell’immortale Piero Manzoni. Un’originalità tutta loro, quella di coloro che vivono “al di là” dell’Oglio, che è stata capace di spingere nel vortice della creatività una giovane mamma, allora attiva nel mondo delle vendite immobiliari. «Al carnevale di Soncino del 2015, quasi per gioco, mi fu chiesto di dare una mano come truccabimbi – commenta Francesca – Ogni volta che finivo di dipingere i volti di questi piccoli amici, mi rendevo conto di aver ritrovato una scintilla in me mai spenta, ma, in qualche modo, affievolitasi nel tempo». Ben presto, alle fredde mura di abitazioni e capannoni, Francesca decide di preferire il calore e la cromia dei colori. «Da passatempo, questa attività ben presto si convertì in vera e propria professione: ero molto ricercata, ma mi rendevo conto che, per permettere a quella forza di sprigionarsi ancor più, avrei avuto bisogno di ben altri stimoli – continua – Così, nel 2020, in piena pandemia, ho deciso di aprire per la prima volta un mio canale Instagram, dove pubblicavano alcune decorazioni che realizzavo sul mio volto: fu un successo inaspettato». Tante le chiamate di fotografi e di modelle che si intervallano in quelle concitate settimane, caratterizzate, quasi, da un ossimorico senso di immobilità. Ossimorico, certo, perché ad un mondo che si fermava per l’imperversare del morbo si affiancava l’entusiasmo dinamico della scoperta di un nuovo modo di fare arte, di dare espressione della propria creatività. «A settembre 2021 mi squilla il telefono: una galleria di Roma era alla ricerca di una body-artist. Da lì ha avuto inizio questa splendida avventura – prosegue – Oggi ho appuntamenti in tutta Italia, promossi da privati, Comuni, enti e associazioni: non mi sarei mai aspettata un interesse così fervido per questa forma d’arte, capace tanto di coinvolgere visivamente quanto di farsi portatrice di un forte messaggio». È figura che prende vita, è la fittizia tridimensionalità della prospettiva che riesce a uscire dall’opera stessa, quasi come un Prometeo che si stacca dalle catene che lo tengono ancorati alla fredda roccia del Caucaso per permettere all’uomo di entrare nel trascendente, nello sconosciuto, nell’immaginato. «Pochi sono gli artisti che, come me, riescono a tenere degli eventi dal vivo; possiamo dire tranquillamente che le estemporanee sono la mia peculiarità» continua Francesca: del resto, a ben pensare, ha il sapore di un’impresa quasi titanica quella di indurre una metamorfosi ai corpi in poco meno di un’ora. «I colori che utilizzo sono tutti a base di acqua, da stendersi in una patina sottile e organica sul corpo delle mie modelle, con le quali riesco a creare una simbiosi unica, un’unione quasi spirituale dettata dalle parole dell’amore per l’arte» conclude. Una trasformazione degna dei migliori miti dell’antico, che fa vivere, plasticamente, l’essenza dell’immagine: insomma, per citare Ovidio, «tanta è l’arte, che l’arte non si vede», divenendo, trascendente e immanente, un inconfondibile unicum.
Leonardo Binda