Provate a fare questo esperimento: arrivati a fine giornata riflettete su quanto siete stati gentili con voi stessi e quanto invece siete stati critici, “giudici” irreprensibili. Vi accorgerete che la bilancia pesa più verso il secondo pensiero cioè verso la critica negativa su quello che non siete stati, su ciò che avreste dovuto fare di diverso, sulle parole “giuste” che avreste dovuto pronunciare e via dicendo, con l’inevitabile conseguenza di procurarvi un’emozione spiacevole di tristezza, di amarezza, una sensazione di inadeguatezza; per non dire poi dei sensi di colpa per quello che non siete stati in grado, ancora una volta, di dimostrare a voi stessi prima ancora che agli altri. Il chiacchiericcio e il dialogo interno che creiamo nella nostra testa attraverso i pensieri negativi è tale a volte da farci assumere posizioni giudicanti e svalutanti verso noi stessi così forti da minare non solo la nostra autostima, ma anche il nostro equilibrio psicofisico percepibile nelle tensioni che il corpo tende ad assumere come conseguenza di questi pensieri. Una volta sperimentata questa verità, provate ora a fare quest’altro esercizio: prendetevi del tempo e provate ad esplorare la possibilità di sedere al vostro fianco come se foste il vostro migliore amico, l’amico fidato, colui che conosce meglio di altri i vostri più intimi bisogni. Quali parole rassicuranti, confortanti usereste? Quali parole gentili vorreste sussurrare per infondere coraggio, tranquillità e pace? Fate emergere la parte di voi più affettiva, più protettiva e più saggia. Ripetete diverse volte le parole, le frasi che secondo voi potrebbero infondere sicurezza, generare quel senso di calma, di distensione e rispondere al bisogno di amorevolezza (ad esempio: “sei una persona generosa, coraggiosa, sincera…e vai bene, mi piaci così come sei!). Una volta sussurrate queste parole, rimanete in contatto con le sensazioni ed emozioni che procurano! Potrà sembrarvi strano e imbarazzante o privo di autenticità. Se anche lo fosse non negatevi questa possibilità, riconoscetela ed accettatela. Questo esercizio di immaginazione ha il potere di rovesciare la logica denigratoria usata di frequente nei nostri dialoghi interni, ricchi di parole “freddoruvide” e di farci assumere una posizione amichevole, compassionevole nei nostri confronti, utilizzando, al contrario, parole “caldomorbide”. Spesso succede che riusciamo a fare, ad essere con gli altri quello che non riusciamo con noi stessi; è più facile essere amorevoli, assumere un atteggiamento di comprensione, di accettazione con gli altri elargendo magari utili consigli; verso di noi, invece, siamo molto più spietati, più critici e soprattutto più esigenti. E’ un modo, quindi, per imparare a trattarci con gentilezza e con cura; se vi allenerete scoprirete piano piano un modo diverso di relazionarvi con gli altri proprio perché avrete fatto emergere in voi una nuova sensazione di stare con voi stessi: più amorevole e più accogliente. Offrite quindi ospitalità, cura e gentilezza al vostro sé come fosse un caro ed intimo amico. E per dirla con le parole della poesia di Derek Walcott “….tempo verrà in cui, con esultanza saluterai te stesso, arrivato alla tua porta, nel tuo specchio e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro e dirà: siedi qui, mangia……!
Dott. Ettore Botti
Presidente del Centro per la Famiglia