Lo scorso ottobre si è svolto a Orzinuovi un interessante convegno dal titolo: “Una bussola per orientarsi nella complessità della crescita”, cui hanno partecipato tutti gli     

Insegnanti delle Scuole Sacra Famiglia di Orzinuovi e Martinengo. Tre relatrici (Dott.sse Lucia Carpi, Nicoletta Novaro e Federica Merli) hanno incrociato i loro sguardi e le loro riflessioniper faremergere quali sono i Bisogni Educativi Naturali delle persone e quali le risposte educative necessarie per riconoscerli e nutrirli.

L’approccio che hanno presentato ribalta lo sguardo con cui solitamente la scuola guarda ai ragazzi.

Noi siamo abituati nella scuola a parlare di Bisogni Educativi Speciali (BES), intendendo i bisogni degli alunni che nel corso del loro percorso evolutivo richiedono un’attenzione specialeper motivi diversi, a volte certificati o semplicemente attenzionati dagli esperti.  C’è una precisa normativa sui BES (Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012) e questi alunni con bisogni educativi speciali fanno riferimento alle situazioni di disabilità, di DSA, di disturbi evolutivi specifici e/o di svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale. 

Le nostre relatrici invece hanno parlato di BEN: Bisogni Educativi Naturali cioè di bisogni educativi che non sono pensati da un modello scolastico e culturale che definisce quali devono essere i bisogni “normali” e quelli “speciali” ma sono bisogni biologici, innati e transculturali e, come tali, appartenenti normalmente a tutti gli individui in crescita. 

Le ricerche nel campo delle neuroscienze confermano questo orientamento e , siccome l’azione professionale dei docenti non può ignorare le indicazioni che aggiornano il modo di far scuola  , vale la pena  conoscerli.

Sono 6 i Bisogni Naturali che sono stati messi a fuoco ed approfonditi:

Il bisogno di crescere sperimentando l’uso del proprio corpo e di vivere le esperienze sensomotorie con il piacere di farlo per provare liberamente tutte le emozioni e il piacere che ne derivano . 

Il bisogno biologico di rispecchiamento, che significa il bisogno di avere vicino degli adulti capaci di dare un nome alle emozioni del bambino e di aiutarlo a riconoscerle , a regolarle e a gestirle.

Il bisogno di “giocare bene”: l’adulto educante  entra nella situazione ludica per aiutare il bambino a organizzare gli spazi , a facilitare le sue iniziative , incoraggiandolo a provare per garantirgli la completezza e la profondità della sua esperienza psicomotoria.

Il bisogno di avere un adulto che sta “alla giusta distanza”. Ogni persona cresce nel bisogno di autonomia che costruisce un po’ per volta ma, per farlo, sente la  necessità di interiorizzare la sicurezza che gli assicura l’adulto che lo accompagna nella crescita. 

Il bisogno di sentire il desiderio dell’altro per imparare a sua volta a desiderare : di fare come l’altro sia esso genitore , insegnante o adulto significativo , di sviluppare interesse e curiosità verso l’altro e verso il mondo , di continuare ad alimentare il proprio apprendimento sicuro che l’altro sia ormai lì, dentro di sé, a spronarlo per continuare . 

Il bisogno di ricevere un pensiero strutturato capace di facilitare il comportamento autonomo del ragazzo  che tenta di “diventare grande” . Per poter diventare adulti ed autonomi  è necessario infatti aver introiettato  un pensiero adulto ( Freud direbbe un Super-io) che sappia aiutarci a capire e ad agire le regole del gioco della vita. Questo passaggio, che è cruciale per un preadolescente , non necessita delle direttive autoritarie dell’adulto ma esprime piuttosto l’esigenza di essere accolti senza essere giudicati nei passi incerti che il ragazzo affannosamente sta cercando di fare . Questo vuol dire riconoscere l’adolescente negli sforzi che sta facendo per costruirsi un proprio io , offrirgli l’energia di un pensiero consapevole per aiutarlo a trovare “da solo” le soluzioni ai suoi problemi  pur   continuando ad essergli accanto per supportarlo nelle incertezze e persino nelle trasgressioni. Sarà così che lui potrà definire le sue modalità mature e responsabili per spiccare il suo volo.

Qualcuno, durante il Convegno, ha strabuzzato gli occhi pensando che forse  i B.E.N. sono adeguati  per i bambini più piccoli mentre  per i ragazzi più grandi valgono altre regole, direttive dall’alto e indicazioni anche scolastiche che li rendono meno vulnerabili . L’accesso ai saperi e alle conoscenze disciplinari è sicuramente  fondamentale per la crescita armonica dei nostri studenti ma ormai non c’è più nessuno che si azzarda a sottovalutare l’importanza del corpo e delle emozioni vissute ancor prima delle conoscenze . Anche gli adolescenti a scuola, che magari non hanno bisogno di arrampicarsi sugli alberi per farsi guardare da noi , hanno molti modi per chiedere il nostro riconoscimento che non può limitarsi però a rilevare i risultati scolastici. Occorre uno sguardo ampio che li sappia anche abbracciare.  Quando parlo di Noi intendo gli adulti educatori che interagiscono con loro , adulti  insegnanti  a scuola e genitori a casa, comunque persone significative capaci di orientare il loro pensiero pur evitando di proiettare su di loro giudizi di merito. A scuola come a casa questo vale soprattutto con i ragazzi che evidenziano un palese disagio, un malessere muto e celato dentro di sé  che però li rende spesso capaci di reazioni sferzanti e di provocazioni irriverenti. 

Come gli esperti continuano a dirci , siamo noi adulti oggi a doverci mettere in discussione , noi docenti quando registriamo in classe che facciamo fatica a insegnare  “lasciando un segno “ o  quando ci accorgiamo che le strategie che abbiamo messo in atto hanno ben poco riscontro nelle loro risposte.

Ci domandiamo: ma riusciamo davvero a cogliere quei bisogni che tutti gli esperti ci dicono che dobbiamo ascoltare e riconoscere nei nostri figli/ studenti? E le nostre risposte riescono davvero a incontrarli o sono invece quelle che noi abbiamo in mente come efficaci sulla base delle nostre idee di scuola e di educazione? Quelle risposte, che gli adolescenti odierni percepiscono spesso come obsolete, sono quelle che loro cercano o, più semplicemente, quelle che noi abbiamo deciso come le più adeguate per loro?

Il dubbio viene spontaneo dopo aver parlato con genitori e insegnanti in crisi di impotenza.

Le tre relatrici ci hanno consegnato una serie di indicazioni sulle quali dobbiamo tutti riflettere per  guardare alla fase adolescenziale  come a un momento di grande vulnerabilità e al bisogno di questi ragazzi (bisogno che anche noi abbiamo vissuto e superato) di uscire dal nido caldo della famiglia per creare il proprio mondo. E’ proprio per realizzare questo passaggio che, pur avendo accanto  positivi modelli di riferimento , spesso i nostri figli/studenti si avventurano nel desiderio di confliggere, di trasgredire , di opporsi per mettere alla prova chi è loro vicino  e capire se, nonostante tutto, continuiamo ad amarli . 

E’ l’adulto consapevole a possedere lo specchio di Atena nel quale l’adolescente in crisi , pur prendendone le distanze, cerca di rispecchiarsi ed è all’adulto che lui stesso desidera diventare che l’adolescente chiede di essere sostenuto e tollerato pur lanciando sfide esasperate al  mondo da cui vuole prendere le distanze.  

Senza dubbio anche noi operatori della scuola e genitori abbiamo bisogno di rivedere i nostri sguardi per cogliere tutte le contraddizioni possibili che vediamo nei nostri figli/studenti alle prese con un periodo rischioso che però apre al gioco della vita.