Una serata partecipata, con tanto di sala gremita e scroscianti applausi, arricchita da domande e numerosi interventi dal pubblico quella che ha visto come protagonista indiscusso il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, ospite di una conferenza organizzata nella dinamica cittadina di Quinzano d’Oglio organizzata lo scorso 20 ottobre da Parco Oglio Nord e Acque Bresciane, con il supporto del Comune di Quinzano d’Oglio, dell’Associazione Impronta e dell’Associazione Piccolo.
Dopo i saluti di rito, Mercalli, volto noto del piccolo schermo in virtù delle sue numerose apparizioni sulle principali reti televisive, ha incantato il pubblico con un corposo tête-à-tête animato dalla moderatrice Eugenia Grechi.
«Molti sono i sintomi del riscaldamento globale – ha esordito Mercalli, rispondendo ad un primo quesito sull’importanza del fenomeno del cambiamento climatico – Per noi è stata la settima estate più calda degli ultimi duecento anni, ma è tutto il 2023 che rischia di diventare l’anno più caldo dell’intera storia a livello mondiale. La prima metà di ottobre non è mai stata così calda in duecentoventi anni. Fino alla settimana scorsa, anche in alta montagna, a 1650 metri, raccoglievo i pomodori». Insomma, una serie di eventi che, a ben guardare, sono sintomi di un mutamento in atto, seguendo coordinate che, a breve, potrebbero produrre degli effetti preoccupanti. «Si tratta, volendo fare un paragone, di una febbre che ha valori d’intossicazione che abbiamo prodotto a partire dalla Rivoluzione Industriale, quando abbiamo iniziato ad usare il carbone – continua il relatore – l’anidride carbonica che è qui da noi anche se non la vediamo, non la sentiamo, ha una proprietà fisica: è come una coperta termica che riscalda il nostro pianeta. Certo, un po’ ce ne vuole, altrimenti la nostra Terra sarebbe un pianeta glaciale, ma non ce ne vuole nemmeno troppa, altrimenti si produce l’effetto opposto». Una salita patologica, dunque, che può portare a delle gravi conseguenze. «Poco fondamento hanno anche le teorie alternative: il Sole è quieto, tanto da non produrre più calore di prima; l’anidride carbonica in eccesso non è prodotta dall’attività vulcanica – continua Mercalli – Per molti anni queste teorie hanno cercato di dirci che quanto fatto fino ad ora andava bene, non andava a produrre nessun effetto negativo».
Già da almeno due secoli il seguito di queste scelte produttive sembrava chiaramente destinato ad andare progressivamente, verso delle mete poco auspicabili. Stimolato sul tema della biodiversità, molto caro agli enti che hanno voluto dare vita all’evento, Mercalli, come da suo stile, è stato tranchant. «Si stima che sulla terra esistano circa 8 milioni di specie diverse, noi umani ne siamo solo una e ne conosciamo soltanto bene 2 milioni e 200 mila – ha esordito – Quelle che restano ancora da scoprire, moltissime, le stiamo sterminando ancor prima di averle anche solo incontrate. È bene badare a questa problematica. Intanto, in primo luogo, ci si pone un tema etico: che diritto abbiamo noi di imporci in questo modo sulla natura? Inoltre, c’è un grave rischio anche per noi: la nostra evoluzione e sopravvivenza è andata di pari passo con quella di queste specie. E se ne distruggessimo troppe? O se distruggessimo quelle che ci servono per sopravvivere? Insomma, si rischia un effetto boomerang devastante». Deforestazione, cementificazione, lo sfruttamento di cicli vitali ben oltre i limiti di riequilibrio: una serie di azioni che sicuramente, prima o poi, ci si rivolteranno contro.
Questo, chiaramente, impone anche delle conseguenze molto evidenti. «Pensiamo alle guerre che ancora oggi affliggono il nostro pianeta – conclude Mercalli – Quando parlo con tanti politici, e lo faccio da trent’anni, dicendo che bisognerebbe impiegare più soldi per la transizione energetica, non ci sono mai i soldi, mentre in una sera arrivano molti miliardi per armi e guerra. Senza pace non ci occuperemo mai di ambiente. Un Paese distrutto va ricostruito e tutto quello che è stato consumato dall’apparato bellico produce una grandissima quantità di emissioni». Un dialogo, dunque, a 360 gradi, che va ben oltre il più visibile confine del risparmio energetico e dello sviluppo sostenibile e che deve diventare il punto di partenza della riflessione delle nuove generazioni, eredi degli errori del passato e gli attuatori delle scelte del futuro.
LB