Una volta si rubavano polli, salami, qualche «tacca» (le tacche sono gli scarti della legna, utili per accendere e mantenere il fuoco).
Qualche temerario saccheggiava le cassette delle elemosine.
Oggi, forse per una forma di ritrovato rispetto nei confronti del sacro, o più semplicemente perché in molte chiese le cassette degli oboli sono state messe in sicurezza, si è passati ad altro.
Nel Parco Oglio Nord, ad esempio, in zona Rudiano e dintorni, c’è chi ruba la legna.
Poco male, dirà qualcuno. No, perché i ladri non si limitano, come i loro ex colleghi, a rubare le tacche, ma rubano alberi interi.
E lo fanno in modo scientifico perché sono super attrezzati: arrivano con le motoseghe, tagliano gli alberi (cosa proibitissima nel Parco), caricano i tronchi con una pinza attaccata a un’autogru e spariscono prima che arrivi la Forestale.
E non stiamo parlando di due o tre piante, ma di tanti, tantissimi alberi.
Nel sottolineare che la rendita per la vendita della legna non vale le multe che i ladri devono pagare (sempre ammesso che vengano presi, ovvio), non si può non concordare che, nel Terzo Millennio, i furti di legna siano strani.
Delle due l’una: o siamo messi tanto male, che anche la legna va bene, oppure il gene del furto originale è dentro di noi.
In effetti, se si guarda a ciò che viene rubato, qualche dubbio viene.
Ultimamente, ad esempio, pare che, nella Bassa, i trattori vadano via (nel senso che spariscono) come il pane.
Certo, un trattore vale molto di più di un tronco, ma è anche più «visibile» e ingombrante.
Evidentemente i ladri sanno già dove piazzare (all’estero?) la refurtiva.
A Idro, invece, c’è stato un periodo in cui i ladri entravano in azione non per rubare gioielli o altre cose preziose, ma biancheria intima femminile.
Collezionisti?
Voyeurs?
Spasimanti delusi? Se a questo punto pensate che i ladri bresciani siano strani, dovrete ricredervi.
A Roma, ad esempio, di notte spariscono i «nasoni», le storiche fontanelle pubbliche di acqua: i ladri arrivano in auto, parcheggiano vicino al nasone, aprono il cofano, «estraggono» la fontanella, quindi la caricano e si dileguano.
L’anno scorso, tanto per dire, ne sono spariti quasi 500 su un totale di 2.200, lasciando gli inquirenti con un palmo di nasone.
Sempre nella Capitale (ma questo accade anche Bassa) spariscono molti tombini.
Portarli via non è difficile: il ladro arriva di notte, carica il tombino in auto e scappa. Un paio di minuti di adrenalina ed è tutto finito.
Domanda: che se ne fanno poi dei tombini?
Quelli rubati a Roma venivano poi usati da una banda di rumeni come ariete per spaccare le vetrate delle gioiellerie.
Visto che la fantasia dei ladri non ha limiti, nel nostro Paese si ruba di tutto: dalle valvole del motore del relitto della Concordia agli occhiali portati via nello stabilimento della Luxottica, passando per le sacre reliquie, come è avvenuto nel Santuario Montecastello a Tignale, dove sono sparite le reliquie con il sangue di San Giovanni Paolo II e i frammenti ossei del beato Jerzy Popieluszko.
I furti più strani, però, sono quelli avvenuti a Brindisi (un centinaio di bare) e nel Triestino, dove è stato portato via un giovane esemplare di alligatore del Mississippi.
MTM