Nel 2025 saranno ben sessant’anni di sacerdozio per don Giacomo Bendotti. Un traguardo significativo che cela in sé quasi sei decadi di storie, di vita comunitaria e di tanto impegno a sostegno di chi, nel corso degli anni, ha cercato consiglio e conforto. Una missione, una vocazione, che continua a guidare don Giacomo, oltre che sensibile presbitero anche appassionato apicoltore, uomo che ha voluto viaggiare il mondo assieme ai propri parrocchiani e che, sin dalla giovinezza, ha sempre associato alla propria attività di sacerdozio un’innata passione per lo studio e la ricerca.
Don Giacomo, ci racconti qualcosa della sua giovinezza…
Sono nato a Bagnolo Mella nel 1941, luogo dove ha avuto origine anche la mia vocazione e dove, sin da bambino, mi dedicavo alla vita della mia parrocchia. Una grande spinta verso la scelta di dedicarmi alla vita sacerdotale nacque grazie a mia madre, la quale, contro le iniziali reticenze di mio padre che mi voleva al suo fianco nel negozio di famiglia, mi seppe indirizzare su quella via che poi avrei percorso per il resto dei miei anni. Prima ho concluso la mia esperienza in Seminario per poi andare direttamente a Roma dove ho completato, insieme ad altri diaconi della zona, il corso di Teologia Dogmatica. Nel giugno del 1965 vengo ordinato sacerdote, insieme ad altri ventiquattro giovani.
E dopo? Quali sono stati i suoi primi incarichi?
La mia prima destinazione è stata Villa Carcina, nella Bassa Val Trompia, dove sono rimasto per due anni, per poi andare prima a Remedello e poi presso la Parrocchia di Sant’Anna a Brescia dove sono rimasto per alcuni anni. Sarà poi con il successivo ritorno a Remedello che ebbi l’incarico di guidare la parrocchia divenendo così il più giovane parroco di tutta la Diocesi. Furono anni davvero molto intesi ma dei quali conservo un magnifico ricordo. Dopo queste esperienze si decise per una nuova sede, questa volta a Casazza, quartiere cittadino che all’epoca versava in condizioni davvero cattive. Ricordo ancora come il Sindaco di Brescia decise di convocare tutti noi parroci di periferia per riuscire a lavorare insieme per fermare il degrado imperante. Era tanta la tensione in quegli anni che il mio cuore non resse, tanto che mi venne un infarto che mi lasciò alcuni mesi in cura.
Un’esperienza certamente dura, ma che mette bene in luce quanto sia importante il ruolo anche delle istituzioni religiose nel porre rimedio a certe situazioni di grave difficoltà. Ed infine, come è giunto qui a Gerolanuova?
Dopo aver completato il percorso di convalescenza, il Vescovo decise di assegnarmi alla parrocchia di Sale di Gussago dove sono felicemente rimasto per ben ventiquattro anni fino alla pensione. Sono stati anni davvero ricchi di tante attività: eventi, processioni e celebrazioni come anche crociere e pellegrinaggi nei più disparati luoghi. Terrasanta, Francia, Spagna, Turchia, Russia e tante altre destinazioni, sempre alla ricerca di luoghi ricchi di storia, di Fede e cultura. Giunto a questo traguardo mi venne chiesto dove mi sarebbe piaciuto andare a vivere, proponendomi come alternative o una parrocchia cittadina oppure una immersa nella campagna. Scelsi la seconda, ed è così che sono venuto qui a Gerolanuova.
Perché scelse propri la campagna e non la città?
Desideravo un luogo tranquillo, dove fosse possibile continuare a servire la comunità e che mi consentisse di proseguire a coltivare la mia passione, ossia l’allevamento delle api, tramandatami da un altro collega sacerdote e che anche oggi mi dà delle grandissime soddisfazioni.
Leonardo Binda