Quest’estate abbiamo alloggiato per quattro giorni a Barbiana con il gruppo parrocchiale di Castel Goffredo a cui apparteniamo. Trovandoci molto vicino alla scuola e all’abitazione di don Lorenzo Milani, abbiamo avuto la fortuna di conoscere un suo vecchio allievo, Agostino Burberi, che ci ha mostrato la casa, la vicina chiesa e il cimitero, intrattenendo noi e un gruppo di professori provenienti da diverse parti d’Italia, con vicende significative e utili spiegazioni riguardo il metodo di insegnamento e l’arrivo in un paese così sperduto di questa figura.
Don Milani era stato inviato qui a causa di alcuni dissapori con i fedeli della sua precedente parrocchia e iniziò ad educare questi giovani, cercando di favorirli rispetto agli abitanti della città, in quanto svantaggiati.
Durante il racconto sembrava proprio che costui gli avesse lasciato un pezzo di sé e che l’allievo volesse trasmetterlo a tutti noi: ci ha illustrato le differenze rispetto alla scuola attuale, molto più teorica e concentrata maggiormente sui risultati che sul vero apprendimento.
I muri erano tappezzati di cartelloni e schemi di vario tipo, realizzati dagli alunni e dal maestro durante le lezioni per mettere in pratica i principi teorici che avrebbero dovuto capire e imparare: si passava dagli argomenti storici come il colonialismo, a quelli politici come le elezioni a quelli grammaticali come i tempi verbali.
La sala principale era ricca di libri e quaderni, mentre le due secondarie conservavano degli oggetti particolari, come una vecchia macchina per scrivere e un grande pentagramma.
Non mancavano gli omaggi al sacerdote. Infatti sono molte le sue frasi e foto incorniciate e appese per la casa; in particolare una molto simbolica: “I care”, scritta a mano da lui stesso, che racchiude un po’ tutto il suo pensiero riguardo alla vita e all’aiuto verso gli altri.
Una volta concluso il racconto, Agostino Burberi ha lasciato spazio ad eventuali domande: gli è stato chiesto che fine avessero fatto gli altri alunni ed egli ci ha spiegato che molti hanno preso strade diverse rispetto alla sua, che segue più da vicino gli insegnamenti di don Milani.
L’obiettivo suo e della fondazione che dirige è quello di diffondere e tramandare valori tuttora validi e utili, ma che nel tempo sono passati in secondo piano, e di stimolare ragazzi e adulti a questa mentalità.
Quando ci è stata proposta questa opportunità, l’abbiamo fin da subito trovata interessante, ma non sapevamo di preciso cosa aspettarci.
Una volta lì però, potendo osservare e toccare con mano, ci si siamo accorte di quanto fossimo state fortunate e di quanta ricchezza e cultura avessimo di fronte.
È stato sicuramente un orgoglio poter dire di appartenere ad una scuola che porta il suo nome e, di conseguenza, percepire come più vicina la realtà in cui eravamo immersi in quei giorni.
Beatrice Bardini e Giada Ceretti, classe 4 A LSU