Nel nostro dialetto si sa, il senso delle parole è insito nella pronuncia, il mür, ad esempio scritto con le dieresi è il muro ma se perde i due puntini diventa una pianta, quella del gelso.
Un giorno, per la stessa logica fonetica mi capitava mentre passeggiavo sul nostro bel fiume di spostare l’accento sulla e del Chiese, èl Cés, appunto in un meno edificante cès, cui credo non servano traduzioni.
In me si accendevano come molti moderni LED tante sinapsi e i pensieri si libravano fitti ma eterei; per un momento pensai a quella volta che, nel 2019, ospite di amici nel Canton San Gallo in Svizzera andai a visitare, ovviamente in bici, il lago gemello al nostro, il lago di Costanza o Bodanico, Bodensee o Konstanzsee, se vi piacciono le lingue teutoniche, anch’egli di origine glaciale, anch’egli incastonato tra le montagne, le Alpi Bavaresi e una pianura molto simile alla nostra, la piana del Reno e sì, anche quello ingarbugliato in una divisione amministrativa singolare: un pezzo austriaco, uno svizzero su tre cantoni, uno tedesco su ben due Ländern, immediatamente mi veniva da chiedermi come fosse possibile che pur essendo marzo quelle acque fossero così pulite, limpide, cristalline neanche fossimo al mare, risposta, semplice “noi depuriamo!” mi risposero orgogliosi e depurano dal 1974, più di 200 micro depuratori con la stessa logica del Trentino: tanti, piccoli e disposti in maniera capillare sulle sponde dello stesso bacino, in linea di massima ogni Comune si depura i propri scarichi e quando i Municipi sono troppo piccoli per farlo si fa un consorzio, semplice, chiaro, puntuale, svizzero. Essendo un po’ provocatore gli chiesi perché non ne avessero fatto uno grande per scaricare tutto in un fiume torrentizio, poco lontano, l’Altenrhein a 15 km nella pianura, si misero a ridere la risposta fu “Per-ché?” e, conoscendo loro Montichiari e la nostra provincia gli raccontai dalla querelle gardesano-monte-clarense.
Mi risposero che in Svizzera sarebbe stato impossibile, che la gente si sarebbe ribellata, che avrebbero preteso le dimissioni dei politici e comunque un’opera del genere avrebbe richiesto un referendum con tanto di tecnici e amministratori dei Cantoni che fossero venuti spiegare alla popolazione, vantaggi, svantaggi, costi, benefici, insomma: quel “fastidio” chiamato democrazia… ma torniamo con i piedi per terra, alla luce delle dichiarazioni dei politici locali mi sono sempre chiesto se anche noi non avessimo potuto essere un po’ più “svizzeri” dato che pare l’opera sia indispensabile, fantastica e rilasci un piacevole profumo di pino mugo, vengano gli amministratori del Lago a convincerci della bontà della opera, incontri pubblici: vantaggi e svantaggi, compensazioni economiche e ambientali, posti di lavoro e sacrifici ambientali; insomma, un popolo maturo che possa scegliere “Sì o No?”.
Chissà se qualche politico o amministratore locale coglierà l’idea: referendum popolare!
Michele Monteverdi