Divide la sua vita in due parti Sonia Gritti: quella dedicata esclusivamente al lavoro e alla famiglia e quella in cui si è scoperta artista poliedrica di bookfolding, la tecnica antica nata secoli fa in Giappone che trasforma vecchi libri in vere e proprie opere d’arte. Spartiacque è stata la sclerosi multipla, una malattia terribile ed invalidante che l’ha colpita quando aveva solo 48 anni, e, lungi dall’abbatterla, ha tirato fuori invece la sua parte più estrosa e una forza morale che forse ignorava di avere. «Io la mia malattia la ringrazio – racconta – So che può suonare strano e certamente sarebbe stato meglio non ammalarsi, eppure senza la sclerosi multipla non avrei scoperto lati di me che nemmeno sapevo di avere prima fra tutte la capacità artistica. Tutto è iniziato a gennaio del 2016. Lavoravo in una nota azienda del territorio e, di ritorno dalle vacanze di Natale, facevo veramente fatica a riprendere il ritmo dei turni. Mi sentivo sempre stanchissima, con la nausea ma pensavo si trattasse di influenza. Poco dopo, però, ho iniziato a perdere l’equilibro, sono rimasta completamente paralizzata alle gambe e, ricoverata in Poliambulanza, è arrivata la terribile diagnosi. Ho vissuto quei lunghi mesi in uno stato di inerzia: separata, con due figli che ho sempre mantenuto da sola facendo anche tre o quattro lavori per volta e il mutuo da pagare, mi ritrovavo per la prima volta bloccata senza potermi prendere cura della famiglia. Peraltro, spostata dalla Poliambulanza ai Colli di Lonato, sembravo peggiorare giorno dopo giorno. La mia salvezza è stato il trasferimento all’Ospedale Civile dove mi hanno sottoposta a 7 cicli di Plasmaferesi e la visita di una collega. Preoccupata e immobile nel letto dell’ospedale, stavo facendo il conto dei mesi dei quali avrei potuto usufruire della cassa mutua malattia prima di perdere il posto di lavoro, quando questa replicò “Bisogna vedere prima se riuscirai mai a rimetterti in piedi”. Quello credo sia stato l’attimo in cui mi sono detta: devo ricominciare a camminare, non posso darla vinta alla malattia e così ho fatto. Quando, dopo quasi un anno, sono rientrata i colleghi mi hanno fatto un festone enorme. Poi mi sono accadute tante cose belle, quasi come la vita avesse preso una svolta diversa, e la scoperta della mia vena artistica è stata tra quelle; una vena che non avevo mai intuito nemmeno a scuola, dove invece ero decisamente più portata per le lingue anche se, purtroppo, non ho potuto proseguire con gli studi. Ho iniziato costruendo fiori di gommaeva, mi sono specializzata nella realizzazione di orchidee, poi, sempre come sfida verso me stessa e verso gli altri, sono passata al bookfolding, a cui mi dedico ormai a tempo pieno ora che sono in pensione. Ho cercato, tramite i social, gruppi dedicati che potessero aiutarmi ad imparare questa forma d’arte. Avevo solo tanta passione a darmi la spinta. Ogni mia creazione è originale, mi porta via parecchi giorni e quindi è un pezzo unico, nel progetto, nella forma, nella dimensione e soprattutto nel libro da cui è generata, che in questo modo viene salvaguardato nel tempo e salvato dal macero. Alla fine quello che sembrava un gioco è diventato una profonda parte di me e oggi i miei bookfolding sono sempre più richiesti. L’arte è stata per me una vera e propria terapia, tanto quanto essere di diventando coach motivazionale per altre donne che ho incontrato anche via social. Ho nel cassetto da tanto tempo il libro in cui parlo della mia rinascita. Non so se lo pubblicherò mai ma spero comunque di poter dare con la mia storia anche un po’ di coraggio alle donne che vivono momenti difficili.A volte basta poco per reinventarsi una nuova vita e guardare oltre anche la malattia».  

Marzia Borzi