L’avevamo lasciata lo scorso anno in Scozia dove era impegnata in un progetto di volontariato nel campo dell’innovazione sociale promosso dal Corpo europeo di solidarietà: ora la 26enne monteclarense Sara Badilini si sta facendo conoscere ed apprezzare anche negli Stati Uniti, Paese che rappresentava da tempo la sua meta dopo alcune esperienze nel Vecchio Continente. Forte di una laurea in Giurisprudenza conseguita nell’Università di Trento e di un Master in Giornalismo presso la Columbia University la giovane punta in alto con idee chiare e una solida base culturale ad aiutarla. Attualmente lavora come tirocinante per Block Club Chicago, una testata digitale diffusa in questa città: si tratta di un breve periodo di 12 settimane “ma rappresenta il mio lavoro a tempo pieno ed è ciò a cui mi dedico principalmente”, dichiara a Paese Mio. 40 sinora gli articoli di cronaca che ha al suo attivo, redatti in un perfetto e fluente inglese, tutti pubblicati sul sito internet dell’organo di informazione: l’ultimo in ordine in tempo riguarda la morte, apparentemente per overdose, di una donna di colore, ritrovata cadavere nel bagagliaio di un camper di proprietà di un poliziotto che in passato aveva avuto con lei una relazione sessuale. Nel frattempo Badilini, che dopo un periodo a New York oggi vive a Chicago, collabora anche con Religion News Service, un’agenzia stampa statunitense no-profit e indipendente che si occupa di confessioni religiose, cultura e etica e di tutte le loro sfaccettature nella cronaca quotidiana; opera infine in qualità di freelance per NewsGuard Technologies, uno strumento giornalistico incaricato di monitorare i vari siti di informazione: in questo caso il compito affidato alla monteclarense è realizzare schede di valutazione per le testate di stampa tenendo in considerazione una serie di criteri, tra cui trasparenza e credibilità. Lavorare negli Stati Uniti, la patria delle libertà, potrebbe apparire privo di insidie o problematiche: “Ci sono molti vantaggi, certamente, ma altrettanti svantaggi – afferma – di cui spesso non si sente parlare. Essere un neolaureato qui non significa dover accettare un tirocinio sottopagato nel migliore dei casi, o non pagato nel peggiore. Non c’è l’idea di dover fare la “gavetta” prima di poter avere una buona posizione, termine che assume un altro significato in America: è necessario sì fare sacrifici, ma nel senso che devi essere disposto a trasferirti, a fare lavori tediosi o per niente piacevoli, a svolgere anche più di un’attività alla volta per guadagnare l’esperienza di cui hai bisogno, ma almeno personalmente non ci si aspetta che tu lavori gratuitamente. I tirocini – prosegue Badilini – sono pagati, a volte il minimo indispensabile e senza nessun tipo di beneficio però a sufficienza per poter essere indipendenti, come tanti neolaureati desiderano essere”. Nel mondo del giornalismo, tuttavia, la concorrenza è forte e gli ‘sgambetti’ non mancano nemmeno oltreoceano: “L’ambiente è feroce e competitivo. Io sono stata fortunatissima sia in Università che sul posto di lavoro e ho sempre avuto mentori capaci, pratici e comprensivi: bisogna però sapersi ‘vendere’ ed essere spavaldi per ottenere quello che si vuole. Le posizioni professionali? Si ottengono tramite lettere di referenza, meglio se firmate da qualche nome prestigioso nell’industria ed è fondamentale un’ottima presenza sui social media (Sara è molto attiva in particolare su Twitter, ndr) perché si insiste molto sul fatto che dobbiamo creare il nostro “brand” ed essere sicuri di sé e delle proprie capacità. Agli americani tutto questo sembra venire abbastanza spontaneo, noi stranieri invece dobbiamo imparare tutto”. Per contro provenire da immigrati negli Stati Uniti significa dover far fronte alla burocrazia per spostarsi, aspetto che all’interno dell’Unione Europea è meno pressante : “Sono stata “viziata” per 26 anni con libera mobilità e assenza di visti e faccio fatica ad abituarmi all’idea che ogni mossa, dall’accettare un lavoro al prendere un volo aereo, debba dipendere da documenti, controlli e permessi vari come accade in America. Mi sto rendendo conto ancora di più rispetto al passato del lusso che un passaporto europeo rappresenta”. Nel prossimo futuro la monteclarense vuole ritagliarsi il giusto tempo per acquisire maggiore esperienza “ma soprattutto capire che direzione far prendere alla mia carriera e, perché no, divertirmi strada facendo e godermi i lati belli degli Stati Uniti”. Nell’attesa si prospetta il viaggio di ritorno in Italia per riabbracciare in occasione del Natale familiari e amici e riprendere nel 2022 a rincorrere…le notizie.
Federico Migliorati