Come è possibile per gli occidentali capire la cultura russa? Cosa ci separa da essa? Qual è il nostro atteggiamento nei suoi confronti, soprattutto in questa contingenza storica? A questo e a tanti altri interrogativi posti dagli alunni del triennio della sezione C del Liceo Linguistico ha dato risposta questa mattina la professoressa Francesca Legittimo dello IULM di Milano in un intervento dal titolo “Capire il russo per capire i russi”. 
La docente, che ha preso le mosse dal suo volume La sfinge russa (la sfinge, come animale ibrido, è simbolo della volontà di non mostrare chiaramente il suo pensiero), ha condotto i ragazzi, attenti e partecipi, in un viaggio attraverso diversi lemmi della lingua russa intraducibili negli altri idiomi: tali espressioni hanno la capacità di comunicare, oltre al senso della parola, anche il mondo ad essa sotteso. Citando Tjutčev la docente ha spiegato che “La Russia con la sola ragione non si comprende”.Fra i termini più significativi quelli che richiamano la vastità delle pianure russe (prostory), prive di qualsivoglia rilievo che funga da punto di riferimento e di qualsiasi confine che possa dare il senso della misura; da ciò scaturisce l’autopercezione del russo come di un essere solo in questa distesa enorme, e piccolo. Oppure quelli che richiamano il tema del viaggio, esperienza avventurosa per tutte le civiltà, in particolare per quelle che si misurano con spazi sconfinati; da ciò deriva il tipico fatalismo dei russi, che si affidano al destino senza progettazione, e si buttano in modo istintivo nelle cose che devono fare, come fa l’orso, simbolo del popolo russo, al suo risveglio dal letargo. Inoltre la morfologia verbale del russo dà molta più importanza al concetto dello spazio che a quello del tempo.Vi è poi il tema religioso: la liturgia ortodossa, lunga, complessa e anche severa (non ci si può sedere durante le celebrazioni), svolta in una lingua, lo slavo ecclesiastico, distante dalla lingua parlata comunemente quanto il latino dall’italiano, dà l’immagine di un Dio lontano, inaccessibile, misterioso. Per questo le chiese russe sono così alte e lanciano nel cielo le loro cupole dorate. Ma nonostante questa distanza di Dio, il popolo russo ha sempre mantenuto un forte attaccamento alla religione, anche negli anni del comunismo quando c’era il divieto di partecipare ai riti religiosi. Un altro termine fondamentale per capire la mentalità dei russi è duša (anima), che è usato nel senso che in italiano viene dato alla parola “cuore”, molto più concreta: i russi sono, infatti, molto inclini all’introspezione e nella loro lingua distinguono, anche a livello morfologico, i nomi di cose animate da quelli di cose inanimate. Questo denota un grande interesse per la spiritualità.Altri aspetti, molto importanti soprattutto in questi giorni, emergono dalla storia della Russia: un Paese sterminato che sempre ha sentito la necessità di un forte governo centralizzato; un Paese che ha sempre avuto una gerarchia molto articolata (simbolica costruzione verticale in un mondo solo orizzontale), spesso sfuggente nelle sue dinamiche e decisioni, tanto che la gente preferisce relazionarsi non al leviatano degli uffici, ma alle leghe di amici e conoscenti; un Paese che è sempre stato segnato dalla multietnicità, ma che non conosce veri stranieri; un Paese che non si riconosce né nell’Europa, né nell’Asia, in quanto la classe dirigente si identifica con la prima, il popolo con la seconda. Conoscere questi aspetti, linguistici e culturali, è chiave per capire un mondo che non conosciamo e che oggi, più che mai, ci fa paura.