Un’intera esistenza spesa per il sociale, per gli altri, sempre attiva in lungo e in largo per le strade della città nel portare sollievo e sorrisi ai bambini e agli adolescenti prima, agli anziani poi. Rosa Rossi Bodei, conosciuta da tutti come Rosi, l’angelo della solidarietà, si è spenta il mese scorso a 96 anni lasciando dietro di sé una scia infinita di bene. I molti che le hanno reso visita alla camera ardente e in Duomo per le esequie testimoniano di una donna dedita alla famiglia e alla sua comunità con instancabile abnegazione. Rosi per molti anni, finché la salute glielo ha consentito, si è dedicata all’aiuto agli ospiti della Casa di riposo, prima nella sede di via Roma poi nella nuova struttura di via Marconi: un sostegno in particolare a quanti non avevano più parenti, soli ma non nel suo cuore. Di loro si prese cura come fece con la chiesetta, lei che ne fu responsabile mantenendola sempre decorosa e ordinata affinché vi si potessero officiare le celebrazioni religiose, dunque una vera e propria gestione completa del piccolo luogo di culto. E quanto impegno aveva messo ancor prima nei campi scuola dell’oratorio dove si dilettava da cuoca a sfornare manicaretti per piccoli e grandicelli o, ancora, a dare una mano nel garantire il sostentamento economico all’allora nuovo Centro giovanile S. Giovanni Bosco, costruito nel 1976. E lo fece andando di casa in casa a raccogliere offerte con un lavoro certosino e accurato, senza dimenticare la distribuzione costante di Famiglia Cristiana e del mensile parrocchiale La Vita Monteclarense. E ancora nel Terzordine Francescano di cui era volontaria o alla Conferenza San Vincenzo verso cui non mancava di destinare la propria attenzione. Le restrizioni del Covid non ne avevano minato la fibra anche se si sentiva come un leone in gabbia, impossibilitata a portare la sua opera, nonostante l’età ormai avanzata, dove vi era bisogno. Il mondo del sociale è stato dunque per oltre 60 anni la sua famiglia accanto a quella costruita dall’amore con Battista “Gianni” Bodei, culminato nel 1953 nel matrimonio e con cui ha condiviso 56 anni di supporto reciproco, attorniati dall’affetto delle due figlie Marina e Gabriella. “Rosi – ha detto nell’omelia funebre Mons. Cesare Cancarini – ha fatto della sua vita un’opera d’arte, un capolavoro, nel silenzio, nel nascondimento, servendo là dove c’era una necessità e dove il Signore chiamava a essere segno. La ricordiamo come una donna credente che non è stata con le mani in mano: anche con il suo contributo il mondo è diventato un po’ più umano, un po’ più bello dunque un poco più cristiano”.

Federico Migliorati