L’atletica bresciana, in quella che è l’estate d’oro di Tokyo, non dimentica le sue vecchie glorie e celebra uno dei suoi primatisti storici: il pioniere Angelo Baronchelli, monteclarense ormai prossimo alle 84 primavere, campione internazionale militare (1959) e campione italiano assoluto (1960) di salto con l’asta.
È stato lui, infatti, l’ospite d’onore della serata denominata «Polvere di stelle», svoltasi nell’incantevole ambientazione di Villa Athena a Manerba sul Garda, tempio dell’atletica e proprietà dell’ex saltatore in lungo Alberto Papa, un evento organizzato su iniziativa di “Atletica Virtus Caste-nedolo” e Archivio Storico della Atletica Italiana “Bruno Bonomelli”.
Proprio in occasione del gradito omaggio, Baronchelli ha donato all’ASAI Archivio Storico, che ha sede a Navazzo sul monte di Gargnano, e al suo presidente Ottavio Castellini, una delle sue mitiche aste spezzate, un reperto straordinario di quella che è la storia dell’atletica italiana che si affrontava allora in modo quasi eroico, con attrezzature ben diverse da quelle di cui gli atleti oggi sono forniti. Affiancato dai figli Eleonora, Bruna, Sergio e Luca, Baronchelli durante la serata ha ripercorso gli anni ruggenti della sua carriera agonistica: i grandi traguardi raggiunti, la misura di 4 metri e 20 superata a Helsinki il 24 luglio 1961 nel corso del triangolare Finlandia-Germania Democratica-Italia che gli valse il titolo di campione italiano assoluto (primato che ha resistito fino al 1969 quando venne portato a 4.25 da Claudio Mabellini), le tante medaglie conquistate ovunque da Oslo, a Roma, a Londra, a Helsinki fino a Malmö.
Anni intensi e di grandi traguardi.
«A Formia durante un allenamento ho rotto tre aste – ha raccontato – costavano 300 mila lire l’una, tanto che il mio allenatore mi disse “Baronchelli, vai a fare la doccia che per oggi abbiamo già guadagnato a suffi-cienza”. Gli Americani ai campionati internazionali militari mi dissero che erano aste superate già 5 o 6 volte rispetto alle loro che si piegavano molto di più e non si rompevano tanto facilmente, eppure non mi hanno comunque mai impedito di vincere.
Dono volentieri un pezzo della mia asta al museo, simbolo della voglia di imparare anche con strumenti poco adatti. Sono rimasto in nazionale fino al 1961 ma poi, tornato dal militare, con la famiglia e il lavoro da gestire ho deciso di abbandonare lo sport. L’atletica, infatti, non è come il calcio e non ti permette di vivere esclusivamente con le gare».
Attorno a lui, oltre ai suoi quattro figli, si sono stretti per l’occasione altri importanti atleti bresciani tutti arrivati a Villa Athena per rendere omaggio a questo leone di razza che se avesse potuto continuare, sarebbe riuscito forse a domare quelle aste che tanto facilmente si spezzavano sotto l’impeto dei suoi salti e che restano e resteranno nell’Archivio Storico dell’Atletica come l’emblema del sacrificio di atleti che hanno affrontato quasi come titani discipline faticosissime.
Angelo Baronchelli ha ricevuto la targa a ricordo dei suoi meriti atletici da Betty Marchina ancora oggi la migliore altista bresciana. Durante la serata è arrivato anche il saluto di Marcel Jacobs, raggiunto al telefono dal padrone di casa Alberto Papa a Tokyo dove si trovava per i Giochi olimpici che gli sarebbero successivamente valsi due medaglie d’oro.
Marzia Borzi