Il suo nome si è perso nella memoria di molti eppure basterebbe recarsi in Piazza Teatro a Montichiari e leggere la targa collocata nei pressi del portone d’ingresso della Scuola d’archi Pellegrino da Montechiaro per riandare con la mente a poco più di 40 anni fa quando prese avvio quel vasto movimento musicale e culturale che questa benemerita realtà, oggi presieduta da Michele Piacenza, ha saputo creare. Se la Scuola nacque il merito va ascritto, infatti, al professor Hans Dohn, un finissimo intellettuale che fece delle sette note la sua passione più importante, accanto al lavoro di docente universitario. Ma come fu possibile che un tedesco, nato nel 1923 a Magonza, potesse capitare a Montichiari? Dobbiamo partire da lontano per rendere chiari tutti i passaggi. A 20 anni Dohn si trova ad affrontare, da pilota della Luftwaffe, una delle prove più dure dell’intero secondo conflitto bellico mondiale, la battaglia di Stalingrado, quella che, grazie alla vittoria dei sovietici, ha deciso i destini dell’Europa e del mondo. Sopravvissuto fortunosamente (solo in tre su quaranta, della sua città, tornarono vivi a casa), venne spedito sul fronte africano, in Francia ed anche in Italia, all’aeroporto militare di Ghedi durante il periodo fascista. La musica, come accennato poco fa, fu però il filo rosso che ha legato tutta la sua vita: persino in diversi spostamenti aerei in tempo di guerra non si separava mai dal suo amato violino, uno degli strumenti che egli sentì più vicino alle sue corde emozionali anche se finì per diplomarsi in tromba. Con le tragedie della guerra alle spalle Dohn si avvia al percorso di studi universitari e sarà nell’università, quella di Parma, ove avrebbe poi svolto una luminosa carriera di docente di Filologia, risiedendo prima a Cremona e poi nella vicina Casalmaggiore. Studioso raffinato di musica e di letteratura, già in Germania era “incappato” nel nome di Pellegrino da Montechiaro: giunto in Italia, cercò di approfondire meglio chi fosse questo monteclarense vissuto tra Cinquecento e Seicento, ritenuto dallo storico Oreste Foffa l’inventore del violino. Fu proprio Dohn a scoprire che alcuni degli strumenti ideati da Pellegrino finirono in tutto il mondo. Eppure non si capacitava del fatto che Montichiari, sua patria, non avesse mai tributato i giusti onori a questo suo figlio illustre.
Ecco, quindi, che la sua lungimirante idea fu quella di creare un’associazione musicale fondata sulla diffusione e la promozione della musica d’archi che lo ricordasse, una realtà nella quale lo stesso Dohn fu insegnante di violino, viola, violoncello e contrabbasso. Come confessa Michele Piacenza, che anni fa visitò l’abitazione del tedesco a Casalmaggiore, “lo studio traboccava di arrangiamenti che aveva realizzato per gruppi di musica d’archi: era davvero un portento”. La Scuola monteclarense viene ufficialmente fondata il 22 novembre 1978, non a caso il giorno di Santa Cecilia, patrona dei musicisti: nei primi tempi, non essendovi una sede, ci si riuniva in case di privati cercando di sopperire alle lacune. Dohn dirigerà la Scuola fino al 1997 quando il testimone passerà al Maestro Giacomo Bellini: solo la morte, giunta prematuramente, spense l’ingegno del tedesco che non poté vedere l’evolversi di una realtà capace di vantare oggi oltre 130 allievi e 14 insegnanti. Negli anni la Scuola si è aperta alla collaborazione con altre associazioni monteclarensi, in particolare con l’Aido, grazie alla quale è stata organizzata la fortunata rassegna musicale “Note sotto le stelle” ospitata in diversi luoghi cittadini. “La generosa opera di promozione della musica, svolta con grande spirito di volontariato da Dohn – afferma Piacenza – è quanto ci prefiggiamo ancora oggi nel suo nome ed è quanto è stato fatto dai presidenti miei predecessori, Alberto Mazzoni, Mauro Bettenzoli, Ines Nodari e Maria Rosa Baratti, dai consigli che li hanno supportati e dalle amministrazioni comunali succedutesi nel corso del tempo. È vero, non tutti diventiamo musicisti, ma la musica è cultura, è arte, e come tale dev’essere considerata”. Proprio ciò che un tedesco di Magonza aveva insegnato sotto i sei colli aprendo una nuova stagione che continua, feconda, ancora oggi.
Federico Migliorati