“La scuola incontra il carcere”. Con questo propositi gli studenti della classe quinta B del liceo scienze umane hanno realizzato un progetto di conoscenza della realtà della detenzione, culminato con la visita al carcere di Verziano martedì 28 febbraio.
Coordinati dalla docente Roberta Chiari, i ragazzi sono stati guidati dai volontari dell’associazione bresciana Fiducia e Libertà, che sostiene i carcerati durante la prigionia e li aiuta nel reinserimento sociale a fine pena.
“Il percorso – spiega l’insegnante – nasce dalla consapevolezza che la scuola riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione del disagio e nella diffusione tra i giovani della cultura della legalità. Grazie alla mediazione dei volontari, i ragazzi hanno conosciuto storie di vita difficili, complesse e faticose perfino da ascoltare, insieme alla testimonianza di chi è riuscito a ricominciare e sta vivendo la sua seconda opportunità. Il tutto è divenuto occasione per riflettere su devianza e disagio, su fatica di vivere e conseguenze di scelte sbagliate, anche in vista delle prossime responsabilità che i giovani saranno chiamati ad assumersi con la fine della scuola superiore, pure queste frutto di scelte che comportano rischi e valutazioni da non affrontare con superficialità”.
La disposizione a comprendere, senza giustificare, non è immediata e pertanto gli alunni sono entrati gradualmente in contatto con le persone che tra poco conosceranno. “Nei mesi scorsi – informa Chiari – hanno avviato una corrispondenza epistolare che ha suscitato emozioni molto forti e li ha aiutati ad abbandonare molti stereotipi sui detenuti. Il lavoro di focalizzazione e confronto su carcere immaginato e carcere vissuto ha alimentato il dialogo e nutrito per entrambe le parti coinvolte la consapevolezza di quanto l’istruzione possa diventare strumento di recupero e l’educazione sia fondamentale per il reinserimento in società”.
“L’incontro in classe con i volontari e un ex detenuto – osserva – è stato inoltre l’occasione per riflettere su temi come diversità, prevenzione, giustizia, legalità, pentimento, perdono, rieducazione e integrazione nel mondo lavorativo e delle relazioni. Gli studenti hanno visitato il carcere insieme ai detenuti conosciuti finora solo per lettera, ai loro insegnanti tra le mura del penitenziario e ai volontari monteclarensi Aldo Alberti e Maria Maddalena Schena, i quali sottolineano che “per la riuscita di un percorso di inclusione è fondamentale costruire intorno alla persona una rete caratterizzata da istituzioni, volontari, associazioni, organizzazioni, oltre che dalla famiglia. Attraverso un percorso di formazione, avviano un processo di cambiamento per riprendere in mano la propria vita, evitando la recidiva. Le testimonianze di ex carcerati hanno proprio l’obiettivo di dimostrare concretamente che questo nuovo progetto di vita è fattibile”. “La peculiarità del progetto – conclude Chiari – consiste proprio nel ruolo da protagonista assegnato a ogni soggetto coinvolto, concorrente necessario e di uguale livello, senza alcuna gerarchizzazione o discriminazione”.