Dal 24 febbraio, cioè da quando i primi carri armati di Putin hanno varcato il confine per bombardare e occupare il territorio dell’Ucraina, in tutto il mondo si è levato un grido di dolore, accompagnato da un altro grido: quello per dire basta a questa guerra, della quale nessuno sentiva la mancanza.
La mobilitazione è stata pressoché generale. Tra i tanti che hanno preso posizione contro la politica di Putin e dei suoi generali ci sono anche tanti artisti, che si sono spesi in prima persona per dare il loro contributo alla causa della pace. Ricordiamo, ma sono solo due esempi, il ballerino italiano Jacopo Tisi e l’étoile Olga Smirvova, che per protesta hanno abbandonato una delle compagnie di danza russe più famose al mondo.
L’idea di utilizzare l’arte per combattere la guerra, o comunque per far sentire il sostegno in favore della pace, non è certo nuova. E comunque ha contagiato anche persone che, solitamente, non vivono d’arte.
Si veda, ad esempio, un bell’esempio, i ragazzi della quinta liceo del Don Milani di Montichiari, che hanno realizzato, e appeso in bella evidenza all’ingresso del loro istituto, un grande dipinto, dove reinterpretano a modo loro una famosissima opera, il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, facendolo diventare il simbolo della richiesta di pace.
Tutto è partito dallo shock che li ha colpiti alla notizia della guerra. A questo si è aggiunto l’invito di Claudia Covri, dirigente dell’Istituto monteclarense, la quale aveva immediatamente invitato i suoi studenti ad approfondire la situazione me, magari, a realizzare elaborati per invitare alla pace.
I ragazzi non se lo sono fatti ripetere due volte e, accompagnati dai loro insegnanti, hanno ragionato su cosa potevano fare. Pensa e ripensa, ad una studentessa è venuto in mente di sfruttare il valore simbolico della famosa e succitata opera di Pellizza da Volpedo, che rappresenta il popolo che, cosciente della sua identità, cammina verso il futuro, impegnandosi anche per vedere realizzati i propri diritti.
Per attualizzare il capolavoro, rendendolo contestualmente adatto alla bisogna, gli studenti hanno inserito la multicolore bandiera della pace e il motto «I Care», cioè mi importa. Poi hanno appeso il tutto all’ingresso dell’Istituto di via Marconi, così che tutti avessero la possibilità di vedere. Probabilmente non fermerà i carri armati di Putin. Ma il messaggio che arriva è chiaro: basta guerra, vogliamo la pace. MT Marchioni