Lo spettacolo saggio “Danzando l’Arte” durante il quale l’Associazione Danza e Teatro ha portato in scena il suo spettacolo di fine anno accademico, è stato anche l’occasione per il debutto come coreografo di Francesco Mastromarino, danzatore monteclarense che nell’occasione ha messo in luce non solo la bravura indiscutibile come ballerino ma la maturità artistica coltivata negli ultimi anni. La sua è una storia un po’ alla “Billy Elliot” con la stesso incontrollabile desiderio di muoversi a ritmo di danza e la capacità di andare oltre gli stereotipi. Mastromarino, classe 2000, ha iniziato a fare danza a nove anni e da allora non si è mai fermato, coltivando una passione fortissima che vorrebbe diventasse in futuro una vera professione di vita. «Ho iniziato con la danza quasi per caso – racconta – Si erano iscritti alcune mie compagne di scuola e mia sorella che accompagnavo con mia mamma al corso. Mi raccontano che da subito, guardando i ballerini provare, io rifacessi gli stessi passi e che l’insegnante mi abbia avvicinato chiedendomi se volessi provare. Da quei passi improvvisati è nata la mia grande passione. Quell’insegnante, Simonetta Andreata, è stata il mio mentore e la mia prima guida. All’inizio ero molto timido e peraltro praticamente l’unico maschio presente ma questo non mi ha fermato: la mia famiglia mi ha sempre sostenuto, era bellissimo praticare danza e nessuno sport che avessi provato prima mi aveva dato le stesse emozioni. Non nascondo che le prese in giro non sono talvolta mancate ma a me sinceramente non è mai interessato: se certi non avevano nient’altro da fare che prendere in giro me, erano problemi più loro che miei. Io sono andato avanti per la mia strada. Il periodo di lockdown non è stato facile ma l’ho sfruttato per diventare insegnante di danza ACSI, l’ente riconosciuto dal Coni. Lo spettacolo “Danzando l’Arte” è stato la mia occasione per firmare alcune coreografie: le scene “Cueva de las manos” e “Vista dal canale dei cigni” per il corso propedeutico livello 3. Già prima del Covid seguivo il corso dei più piccoli, quest’anno mi sono stati assegnati i bambini della terza elementare e mi sono dovuto mettere in gioco con nuove sfide: la gestione del gruppo e il tenere alto l’interesse in ragazzine che spesso a quell’età non hanno ancora ben presente che percorsi intraprendere ma che sanno dare anche molte soddisfazioni. Come insegnante e coreografo sperimenti un’ansia diversa, meno autocentrata, più legata alle competenze dei tuo gruppo e alle responsabilità che insegnare comporta. È sempre un doppio esame davanti al pubblico: per loro e per te e questo dà molto anche come crescita personale e ti fa raccogliere doppie soddisfazioni. Sensazioni straordinarie». Il giovane coreografo, attualmente impiegato in una struttura ricettiva locale, racconta il grande desiderio che insegnare danza possa diventare nel tempo una vera e propria attività professionale. Comunque andranno le cose, il suo esempio dimostra come un giovane oggi possa guardare oltre, oltre i commenti provinciali, gli stereotipi e i pregiudizi, puntando il suo sguardo sempre più lontano nella libertà di essere se stesso e di realizzare i propri sogni.
Marzia Borzi