Le alunne della classe quinta D del Liceo linguistico Don Milani hanno pubblicato un volumetto che condensa le loro ricerche storiche sull’emarginazione nel XVI secolo, dal titolo “Asini e cortigiane, eretici e biade” (Gam edizioni, 68 pagine, 10 euro).
Coordinate dal docente Severino Bertini, si sono concentrate su due storie emblematiche.
La prima, “Bocca di rosa a Lonato nel Cinquecento”, trae spunto dalla consultazione di alcuni documenti inediti rinvenuti nell’archivio comunale della cittadina, nell’Archivio di Stato di Venezia e all’Archivio Storico Civico di Brescia. Da essi si evince che “nel marzo 1594 i frequentatori dell’osteria della Corona di Lonato sono più tristi del solito poiché una delibera comunale impone a una certa Pezzotta e a sua nipote di abbandonare il paese e di porre fine ai deprecabili traffici di donne di malaffare”.
Un anonimo testimone ricorda a distanza di tempo la memorabile discussione in osteria: “all’intervento del notaio Pietro Ceruti, che difende la decisione tesa a migliorare la moralità e il timor di Dio di una comunità non sempre irreprensibile, si contrappone quello del mugnaio del mulino del Corlo che argomenta la possibilità delle donne, che fanno il mestiere più antico del mondo, di guadagnarsi il Paradiso. Il mugnaio non è originario del paese; proviene dalle regioni del Nord, cuore di dottrine religiose riformate, e le sue convinzioni eterodosse lo inducono a sottolineare la maggior importanza della fede sulle opere. Molti anni dopo il mugnaio racconta a Federica, la locandiera della Corona, la sua vita di immigrato fuggito dalla miseria, che si è guadagnato il rispetto dei lonatesi col duro lavoro. La sua esperienza di vita e la frequentazione dell’abbazia di Maguzzano – cenacolo di cultura religiosa, letteraria e filosofica – hanno plasmato le sue idee di tolleranza. Ma non tutti sono tolleranti e un giorno il mugnaio, ormai avanti con gli anni, viene trovato assassinato in circostanze misteriose”.
“L’asino decollato di Asola” è invece al centro della seconda vicenda che racconta le peripezie del contrabbandiere Ettore. Fatti i suoi affari al mercato delle biade di Desenzano, si sposta a Lonato per far macinare gratuitamente a un suo amico parte di un carico di grano trafugato. Da lì parte la ricostruzione della sua vita, attraverso “un’anonima voce narrante – spiegano le ragazze autrici del volume – che riesce ad avere notizie quando compie con lui un viaggio a Verona per prelevare la pala del Farinati da collocare nel Duomo di Lonato. Apprende che Ettore, originario di Asola, da adolescente era emigrato a Venezia per lavorare nella prestigiosa stamperia dei Torresano, suoi conterranei. Là si era costruito una famiglia ma la crisi del settore e la peste lo convincono a ritornare ad Asola. Carrettiere di professione, dopo una certa ora del giorno si trasforma in contrabbandiere per sfamare la famiglia”, non senza qualche gesto di protesta “contro le politiche restrittive della Dominante”.