In molte case di Montichiari, sia in centro che in periferia, c’è un giardino antistante e un pezzetto di terreno sul retro, riservato all’orto, che i proprietari curano con passione. C’è chi in autunno ripara l’orto con una serra per coltivare verdure invernali; chi inizia a preparare la terra ai primi giorni soleggiati di febbraio; chi prudentemente aspetta che le temperature siano più stabili…È comunque ormai tempo di strappare le erbacce cresciute mentre la terra è stata a riposo, concimare e quindi vangare perché, come recita un vecchio proverbio,” èn avril böta po’ ‘l mànech del badil” per dire che, anche se il freddo si è prolungato, aprile finalmente è il mese in cui la natura rinasce. L’orto va poi diviso in “còle” (strisce di terra racchiuse tra due solchi), per creare ordine e permettere di entrarvi a raccogliere le verdure senza calpestarle. Coltivare l’orto è faticoso, è vero infatti che “la tèra l’è basa!”, ma è un’attività manuale molto rilassante, tanto che già nel secolo scorso negli Stati Uniti venne confermata l’“ortoterapia” come una cura: fa bene al fisico, al morale, ai bimbi iperattivi o con disabilità, agli anziani con demenze; alza l’autostima, migliora l’armonia con la natura, con sé stessi e con gli altri, dà una soddisfazione personale che ripaga dalle fatiche; è un piacevole antistress e una ricarica di energie. Seguire il ciclo e il miracolo della vita, da un piccolo seme al raccolto, aiuta a meravigliarsi o ri-meravigliarsi, se l’abbiamo dato per scontato; serve ad essere consapevoli di quanto sudore e tempo serve per far crescere qualsiasi prodotto che, se lo compriamo al supermercato, non ce ne rendiamo conto. È infatti una grande soddisfazione veder spuntare man mano le piantine, osservare ogni giorno con attenzione i loro progressi, curarle con amore e…affidarsi con pazienza al calore del sole o purtroppo a volte alla violenza di eventi atmosferici. “Ta mé angàt ‘na còla” è invece una simpatica metafora rivolta a chi ci ripete fastidiosamente le stesse parole, ci sta troppo appiccicato, è troppo curioso o insistente nel chiederci qualcosa, quasi ad affondare una vanga, come nella terra, per rivoltare ciò che sta sotto la superficie. Simile è “ta ma ègnet sö dré a ‘na gamba”. Sono comportamenti sgraditi, irrispettosi, invadenti, che vogliono in qualche modo scavare oltre ciò che noi vogliamo far vedere o far sapere agli altri di noi.
Ornella Olfi