Si sono svolti lunedì 18 luglio, nella chiesa di Costalunga a Brescia, i funerali dello scultore Giuseppe De Lucia. A dare notizia della sua morte sono stati i familiari anche tramite la pagina facebook con la quale l’artista di origini napoletane condivideva la realizzazione dei suoi lavori. «Oggi ci ha lasciato il grande artista Giuseppe De Lucia – si legge online – Continuerà a vivere più che mai attraverso le sue opere, i suoi insegnamenti e i ricordi di una vita rimasti nel cuore di chi ha avuto il privilegio di averlo incontrato, sia come insegnante che come artista». E a Montichiari De Lucia continuerà veramente a vivere e parlare attraverso le opere che ha lasciato e che la cittadinanza tutta potrà ammirare per sempre. Sono due le realizzazioni del grande artista sul territorio: la prima si eleva sul colle di San Pancrazio ed è il Monumento dedicato ai Caduti sul Lavoro, realizzato nel 1972 in bronzo e cemento bianco. Si tratta di una sorta di “idolo/feticcio” dal volto severo e provocatorio, con gli occhi serrati e le enormi labbra chiuse quasi a gridare senza voce la denuncia sociale di quegli aspetti che mettono in pericolo la vita dell’uomo in un ambiente, quale quello lavorativo, che dovrebbe per natura essere tra i più sicuri al mondo. Un monumento che non lascia indifferente chi si trova a passare nelle sue vicinanze. La seconda è il “Signum Crocis”, una Trinità lignea realizzata da De Lucia nel 1998 e della quale fece dono al Duomo di Montichiari, e all’allora abate Gaetano Fontana, nel novembre del 2018. Il crocefisso, che si può ammirare oggi nella Cappella del Compianto in Santa Maria Assunta, presenta due elementi innovativi per l’arte sacra: l’aureola quadrata di Cristo inscritta in quella circolare del Padre, per indicare la presenza costante di questo sulla terra e il gruppo di solidi geometrici, una sfera, simboleggiante lo spirito, generante un cubo a voler significare le due grandi verità: il mondo trascendente o dello Spirito che sovrintende a quello immanente o della materia. De Lucia era nato a Napoli nel 1926 ma da tempo risiedeva a Brescia. Aveva compiuto i primi studi in Francia, a Marsiglia, dove era emigrato con la famiglia per sfuggire al fascismo e, alla fine della guerra, era tornato in Italia e si era diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Brera nel 1953, conseguendo il premio Carotti in Storia dell’Arte. Le sue opere sono state esposte sia in Italia che all’estero e rappresentano un percorso creativo molto meditato e travagliato. Di grande intensità si rifanno spesso anche alla tradizione letteraria: De Lucia era, infatti, anche poeta e aveva al suo attivo anche la pubblicazione di tre raccolte poetiche: “Ologramma”, “Come cerva nel deserto” e “Dal profondo”. «Per noi figli e nipoti è stato un esempio straordinario di forza, cultura, coerenza e umanità infinita – scrive il figlio Maurizio – Carissimo papà lasci un vuoto enorme. Un vuoto che però ci impegneremo tutti a riempire, mettendo in pratica ciò che ci hai insegnato: raggiungere ogni obiettivo con dedizione impegno, amore e passione, diffondendo cultura e bellezza, distruggendo i luoghi comuni, osando, amando le sfumature e il diverso, piuttosto che rincorrere verità assolute bianche o nere che siano perché la vita è una tavolozza di colori inesauribile. Ora riposa, lasciati andare e finalmente raggiungi chi sai tu, là dove tutto iniziò».
Marzia Borzi