L’ottobre 2013 ha visto la seconda edizione del Festival della Scienza “Scienza in Paese”, organizzato dall’Associazione Chirone. Il progetto è stato patrocinato e sostenuto economicamente dal Consiglio di Regione Lombardia, dalla Fondazione ASM e dai Comuni di Coccaglio, Manerbio, Offlaga, Verolavecchia e Roncadelle.
In particolare, al Teatro Civico “M. Bortolozzi” di Manerbio, è stata tenuta la presentazione del volume “Primavera ambientale”, firmato da Ferdinando Cotugno: uno dei giornalisti più autorevoli nel campo delle tematiche ecologiche. È stato intervistato dal collega Giancarlo Cinini la sera del 13 ottobre 2023. Il titolo del suo libro allude alle “primavere arabe” e, in generale, alla stagione del rinnovo e del cambiamento. Il fermento dei movimenti ecologisti, infatti, è riuscito a fare ciò in cui hanno fallito gli appelli degli scienziati: concentrare l’attenzione di politica e opinione pubblica sul radicale mutamento climatico in corso. La tematica coinvolge soprattutto attivisti tra i 20 e i 30 anni, ma non mancano movimenti come “Third Act” negli USA e “Anziane per il clima” in Svizzera, composti da persone in età pensionabile. Del resto, l’innalzamento della temperatura media sulla Terra e lo stravolgimento dei ritmi stagionali non
riguardano solo il futuro, ma lo stesso presente.
A distinguere il mutamento climatico in corso da quelli del passato è la sua rapidità. La concentrazione di gas serra nell’atmosfera, dovuta agli scarti delle attività industriali e della produzione di energia, sta provocando ciò di cui sentiamo parlare sempre più spesso: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, venti e inondazioni “anomale” che (secondo Cotugno) erano in realtà perfettamente prevedibili. Ciò significa che le civiltà umane non possono più contare su una “finestra temporale” di stabilità climatica per svilupparsi. Per evitare le conseguenze peggiori (come la perdita delle città costiere o l’arrivo di frequenti uragani da un Mediterraneo sempre più “tropicale”), ciò che si richiede è la famosa “transizione energetica”: passare dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. Anche il nostro modello economico basato sulla sempre crescente produzione di beni ha i giorni contati: non solo per evitare gli sprechi energetici, ma anche perché (banalmente) qualsiasi tipo di risorsa materiale è destinata a esaurirsi. L’entità della transizione ecologica richiesta è tale da coinvolgere tutti gli aspetti della vita umana, comprese le caratteristiche dei beneamati paesaggi italiani (anche il tipo di alberi da piantare andrà rivisto, alla luce dei venti sempre più forti). La crisi climatica è una crisi esistenziale di proporzioni mondiali. Ecco perché è diventato così seducente il messaggio dei “negazionisti del cambiamento climatico”, che vogliono ricondurre gli allarmi ecologisti a “un complotto per limitare la nostra libertà”. Cotugno e Cinini, in particolare, hanno affrontato questioni di giustizia sociale legate alla transizione ecologica. Chi soffre di più per l’aumento delle
temperature, chiaramente, è chi non può permettersi un buon condizionatore o vive in quartieri privi di alberi. Ma è vero anche che non si possono scaricare i costi della transizione sui singoli e sulle famiglie, imponendo loro costose ristrutturazioni di case e impianti. Alcuni movimenti politici estremisti hanno praticamente fondato il successo delle loro campagne elettorali proprio sull’avversione per questo tipo di imposizioni. Cotugno, perciò, auspica una transizione ecologica democratica e desiderabile, che veda anche un nuovo tipo di bellezza architettonico-urbanistica: l’integrazione fra edifici e natura, la piantumazione di alberi in ogni quartiere (non solo in quelli eleganti). Il tempo per farlo è agli sgoccioli… ma non è ancora scaduto.