Due grandi questioni, che trovano un a splendida sintesi nella Bassa, a Manerbio.
Prima questione: nella società moderna, c’è la necessità di continuare ad usufruire dei vantaggi delle materie plastiche, limitandone, però, l’im-patto ambientale.
Chi sta facendo una crociata contro la plastica, partendo dal fatto che si tratta di un materiale inquinante (vedere le «isole galleggianti» che intasano mari e oceani), fa una cosa giusta, ma nel modo sbagliato.
Giusta perché la plastica è per davvero inquinante; sbagliata perché, allo stato attuale, non è pensabile rinunciare a questo materiale, divenuto oramai necessario.
Se avete qualche dubbio, provate a dare un’occhiata al mondo intorno a noi, per rendervi conto che fare a meno della plastica è (attualmente) pura utopia.
Meglio trovare soluzioni «di plastica» compatibili, o più compatibili, con l’ambiente.
Seconda questione: quella relativa ai cosiddetti «cervelloni italiani», che spesso ci vengono portati via (o se ne vanno da soli) perché nel Balpaése non vengono apprezzati (leggi anche malpagati).
Se è vero che molti nostri cervelloni ci salutano e se ne vanno a lavorare-studiare altrove, è anche vero che molti restano.
E comunque in entrambi i casi è vero che si tratta pur sempre di eccellenze italiane, di cui dovremmo, pardon, dobbiamo andare fieri.
Una di queste eccellenze (capace, come dicevamo in apertura, di fare sintesi delle due succitate questioni) è di Manerbio: si chiama Giulia Fredi (nella foto), è ricercatrice dell’Università di Trento (dipartimento di Ingegneria industriale) e, pur non avendo ancora trent’anni, è una delle 6 scienziate individuate e premiate dalla Fondazione L’Oreal e dalla commissione nazionale per l’Unesco con una borsa di studio dal valore di 20mila euro.
Cosa farà la giovane manerbiese (anche) grazie a questa borsa di studio?
In pratica valuterà il potenziale dei polialchilenfuranoati (Paf) e la loro capacità di formare film sottili, particolarmente utili per l’im-ballaggio di cibi e bevande.
L’obiettivo è dichiarato: migliorare le caratteristiche di questi materiali tramite la miscelazione con altri polimeri tradizionali e bioderivati e l’aggiunta di nanocariche. Si tratta di uno studio molto importante per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, perché consentirà, come dicevamo poco più sopra, di continuare a usufruire dei vantaggi delle materie plastiche limitandone però l’impatto ambientale. Infatti, per la sostituzione delle «vecchie» pastiche, i polialchilenfuranoati sembrano la soluzione ideale.
Ottenibili dalla fermentazione e disidratazione di biomasse, quindi da fonti rinnovabili, potrebbero liberarci dal problema della plastica.
MTM