Egregio direttore,
alcuni giorni fa è venuto a mancare il medico internista Giovanni Monesi che per molti anni ha lavorato all’Ospedale di Manerbio, un dottore indimenticabile, per la sua competenza, bravura e personale simpatia, unite ad una disponibilità innata nel dare un consiglio, o una mano a chi aveva bisogno di lui. L’ultima volta che vidi Giovanni, da pensionato, fu mentre prendeva un caffè al Bar Portici di piazza Cesare Battisti a Manerbio, dove aveva fatto tappa nel recarsi in un paese vicino a fondare un nuovo Club Acat, l’associazione alcologica, che con grande professionalità e passione stava supportando da anni, e che aveva contribuito a fondare e a diffondere, non solo nel Bresciano, ma nell’Italia settentrionale. Mi ricordo che, come sempre ed anche in quella occasione aveva il suo sorriso coinvolgente, raccontandomi le sue ultime esperienze, senza sapere che sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. Giovanni, nella sua storia personale, fu uno dei pochi medici iscritti al sindacato CGIL, e addirittura eletto dai dipendenti dell’Ospedale come proprio delegato sindacale, contribuendo con i suoi interventi, puntuali ed appropriati, all’organizzazione dei due presidi ospedalieri di Manerbio e Leno. Era molto apprezzato da tutti i delegati per la correttezza e sincerità nel rispetto di ogni posizione sindacale altrui, sebbene in quei momenti vi fossero dei forti conflitti tra i delegati dei due diversi presidi. Proprio per la nostra funzione di delegati sindacali avevamo a quel tempo frequenti contatti, e da ciò si era creato tra di noi un clima di confidenza e familiarità. Sempre in quegli anni settanta-ottanta era stato pure eletto nel Consiglio Comunale di Manerbio nelle liste del Partito Comunista Italiano, da uomo di pace e di idee di sinistra qual era, sempre dalla parte dei più deboli. Sono orgoglioso di averlo conosciuto, e di essere stato un suo amico. Era una gran bella persona e, quando avevo bisogno il rivolgermi a lui era per me la garanzia e la sicurezza che le cose venissero fatte con tatto ed equilibrio, nella sua disponibilità. È stato un grande uomo della medicina che ha saputo chinarsi sugli ammalati e a sollevarsi solo quando era riuscito a trovar loro un rimedio o una soluzione. Per lui la persona è sempre stata al centro di tutto il suo mondo sanitario. Serio, scrupoloso, esigente, veramente un grande uomo, un bravo medico, uno splendido volontario: una grande anima non muore mai. Lasciamo che i bei ricordi sopravvivano nei tempi del dolore. Le mie condoglianze alla famiglia, unendomi a loro nel ricordo, e un forte abbraccio all’amico Giovanni.
Luigi Andoni