Al pari di molte altre realtà, nei due anni appena passati anche il Museo civico archeologico e del territorio di Manerbio ha subito restrizioni. Non stiamo ad elencare i problemi, perché, purtroppo, quella delle restrizioni è una realtà con cui tutti ci siamo confrontati, e magari anche scontrati.
Fatto sta che, ora che la pandemia è finita, o che comunque siamo all’inizio della fine; ora che l’archeologa Elena Baiguera è stata confermata per il prossimo biennio; insomma, ora che si sta pian piano tornando alla normalità, anche per il Museo di Manerbio si aprono nuovi orizzonti. Orizzonti che passano anche e soprattutto per un progetto ad hoc dedicato alle scuole.
Cominciamo col ricordare che il Museo ha sede nell’ala seicentesca dello storico Palazzo Luzzago, il grande edifico che, nel cuore del paese, ospita anche il Municipio, la biblioteca e il Piccolo Teatro Memo Bortolozzi. La sede espositiva dispone di una superficie di 500 metri quadrati. Articolato in senso cronologico, il percorso espositivo ripercorre l’evoluzione del popolamento nel territorio della bassa pianura bresciana dal Neolitico (VI millennio a.C.) fino all’età post medievale. Tra i reperti più significativi, ricordiamo le dracme in argento dei Galli Cenomaniel’unica moneta nota in Italia del re Ariperto I (653-661 d. C.) Il Museo è caratterizzato da una forte vocazione territoriale, che si coglie anche e soprattutto nei materiali presentati, provenienti integralmente dal territorio di Manerbio e dai Comuni limitrofi.
Non a caso, il Museo Civico di Manerbio e del territorio viene istituito formalmente nel 1985 al fine di garantire una sede adeguata ai numerosi e importanti reperti che erano progressivamente venuti alla luce nel corso degli anni, grazie agli scavi e alle raccolte di superficie condotti dal locale Gruppo Storico Archeologico sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia della Lombardia.
Dicevamo della ripartenza, che passa anche attraverso un progetto dedicato alle scuole, primarie e secondarie di primo grado (elementari e medie, insomma). Si chiama «Ripartenza» (mai nome fu così azzeccato…) ed ha il dichiarato obiettivo di far scoprire, magari anche riscoprire, la storia del territorio ai giovani studenti, che potranno partecipare direttamente alle proposte dalle sale del museo, oppure, in ossequio ad un metodo che abbiamo imparato ad usare durante la pandemia, anche collegandosi a distanza, più o meno come accadeva a scuola con la Dad. In presenza o on line, gli studenti potranno partecipare ai laboratori via via proposti.
Questa «Ripartenza» dedicata alle scuole è solo l’inizio. Al Museo, infatti, hanno in mente anche iniziative dedicate alle famiglie e agli adulti. MT Marchioni