Le Residenze Sanitarie Assistenziali per anziani sono luoghi accoglienti soprattutto grazie alle qualità degli operatori.
Competenza professionale, umanità, disponibilità verso gli altri e impegno nel lavoro sono le loro caratteristiche principali. Gli operatori oltre a uno stipendio hanno bisogno della stima e del sostegno della comunità per un lavoro come il loro, ossia quello di curare ed accudire dei corpi ma soprattutto accogliere e sostenere animi umiliati dalla malattia e della crescenti incapacità.
Talvolta gli anziani ringraziano in modi inaspettati che compensano molte fatiche, talaltra invece la malattia, colpendo le menti, trasforma persone che conoscevi come educate e rette in aggressive, maldicenti e crudeli. Gli operatori sanno che è la patologia che parla ed agisce ma l’appoggio e il rispetto di chi li circonda è fondamentale.
Cosa chiedono i nonni? Di stare al loro fianco quando hanno bisogno e dedicare lo stesso tempo che hanno dedicato a noi, far sentire loro che non sono soli e che possono contare sugli altri. È il minimo che si possa fare.
Questo non dovremmo mai dimenticarlo: è grazie a loro che ci troviamo in questo Mondo.
La saggezza delle persone anziane è finita, hanno loro bsisogno che s sia disposti ad ascoltare con il cuore le loro storie di vita e sulla vita. Quando li portano in una casa per anziani alcuni se ne stanno sempre in silenzio e con la testa bassa. Io mi chiedo sempre cosa stiano pensando: come saranno state le loro vite?
Soprattutto mi chiedo se avessero mai immaginato, dopo una vita di lavoro e di sacrifici per la famiglia e per dare istruzione e benessere, trovarsi di colpo soli in una casa di riposo con lo sguardo perso nel vuoto.
Parlavo con un’infermiera ed un’assistente sanitaria domandando loro il perché le persone si ricordano solo a Natale e a Pasqua delle RSA e si riempiono la bocca con parole e buoni propositi.
Vorrei dire a quelli, senza fare polemiche, come se si parlasse tra amici al bar, che non ci sono solo le feste ma altri 363 giorni se si vuole per fare una visita!
La musicoterapia riveste un ruolo fondamentale nelle attività, da sempre c’è la consapevolezza che essa muove particolari sensazioni ed emozioni in ogni persone a prescindere dai giusti musicali.
L’esperienza sonora è sempre stata vissuta come un momento di divertimento, allegria, evocazione di ricordi, interazione sociale, ma essa ha anche un ulteriore potenziale meno conosciuto che oggi chiamano “terapia non farmacologica”.
Personalmente ho avuto i primi contatti nelle strutture per anziani grazie al mio carissimo amico Francesco Migliorati di Pralboino perché era molto impegnato nel sociale, suonava la chitarra nel suo complesso e gli piaceva organizzare delle serate musicali nella sua città.
Organizzò anche una specie di rivista, “la Corrida, dilettanti allo sbaraglio”.
Mi chiese se conoscessi qualcuno in grado di sostenere lo spettacolo.
Mi ricordai del mio amico Fisarmonicista Bigio Bucelli e la cosa funzionò a meraviglia ed ebbe un grande successo tant’è vero che si replicò per più anni.
Migliorati, persona instancabile, di domenica andava a suonare alla casa di risposo e chiese a Bucelli di fare coppia con lui con la sua fisarmonica per suonare per i nonni.
Spesso io e mia moglie Anna lo abbiamo accompagnato.
La cosa che ci ha fatto più piacere è stata ricevere delle telefonate dalle RSA che chiedevano il nostro intervento, offrendoci perfino una ricompensa.
“Niente, se parlate di soldi non veniamo”, rispondevamo. La cosa durò parecchi anni e sinceramente dico che la gioia e il sorriso di quei nonni ci ripagavano abbondantemente di tutto.
Mi ricordo che a Casalmaggiore avevamo quasi finito di suonare (io suonavo la tamburella e canticchiavo) quando mi chiamò la direttrice dicendomi: “voi oggi avete fatto un miracolo! Vedete quella signora laggiù: sono quasi due anni che è qua e non ha mai parlato, è sempre triste e con la testa china. Oggi è lì sorridente e parla!”.
Allora le chiesi se volesse che suonassimo per lei.
Ci pensò un attimo e subito ci suggerì il titolo: Paesanella. Bigio iniziò a suonarla e tutti gli ospiti facevano il coro battendo le mani.
È stata una domenica bellissima, una festa.
In tutte le case in cui siamo andati a suonare portavano un tavolino nel mezzo della sala con delle torte, in cerchio si gustavano quelle squisitezze e si faceva il brindisi, recitando spesso il famoso detto “brindisi coi bicchieri colmi d’acqua ai nostri amici cari e sinceri”.
Piero Viviani