Quando si passa in via S. Martino a Manerbio (“Scià bas”, in dialetto), si arriva alle “scalette del Gesù”, che portano all’omonima chiesetta e risalgono al secolo XVIII. Adiacente ad esse, ci sono due case affiancate, distinguibili per lo stile, che lo rende simili a quelle presenti nel nord della Francia, al confine col Belgio. Sono “le case dei francesi”, un ricordo dell’alba del lanificio Marzotto.
Nel 1907 (ufficialmente a Milano), fu infatti fondato il lanificio di Manerbio. – che non apparteneva ancora a Gaetano Marzotto. Uno dei soci fondatori, nonché primo direttore generale della società e amministratore delegato, era Emilio Antonioli. Nove altri soci fondatori, però, erano francesi. Infatti, si trattava di produrre tessuti da donna, specialmente uniti e fantasia, tinti in pezza: a quei tempi, erano una specialità del centro laniero di Roubaix, in Francia settentrionale. Lo stabilimento era già in funzione l’anno dopo, nel 1908.
Non stupisce quindi la decisione di uno degli azionisti d’Oltralpe di farsi costruire due dimore anche qui a Manerbio: una per sé e una per le figlie. In questo modo, poteva trascorrere quaggiù i periodi necessari a visionare l’andamento della produzione. Nei periodi in cui i proprietari erano assenti, le case in via S. Martino venivano messe in affitto. Sono presenti ingressi laterali e non c’è obbligo di passaggio da una stanza all’altra. Il WC era esterno.
Esse si distinguono innanzitutto per i caratteristici abbaini sul tetto, coperto originariamente da tegole marsigliesi (poi sostituite, così come la porta). Poi, va osservata la lavorazione delle inferriate a balconi e finestre: il suo stile è un liberty floreale molto semplificato. Sulla buca delle lettere, è scritto “Lettres”, in francese. Questo tipo di abitazione primonovecentesca è presente anche a Roubaix e Tourcoing e si distingue anche per il tipo di mattoni, lo stesso delle due case di via S. Martino.
Tutto questo è stato spiegato ai manerbiesi la sera del 9 settembre 2022, durante una delle iniziative denominate “Piano in casa”. I relatori erano gli architetti Stefano Taoso e Alberto Lini. È seguito il momento musicale dal vivo, con Daniela Barbariga “et ses garçons” (“i suoi ragazzi”). Coerentemente con l’argomento della serata, hanno proposto brani francesi di Édith Piaf e di ZAZ. Agli orli dei gradini, sulle “scalette del Gesù”, erano stati apposti proprio i versi di “Rien de rien”: una canzone in cui una ragazza lascia perdere i rimpianti del passato, per iniziare una nuova vita. Solo il finale era stato cambiato: non “ricomincio da te”, ma “ricomincio da me”… perché la felicità non è qualcosa che può esserci dato da altri.