Pasqua 2021 in zona rossa. Il ricorso alle misure restrittive si è riconfermato ricorrente e quasi disinvolto, quale che ne sia il prezzo.
Forse, non tutti se ne rendono conto, ma uno dei settori più colpiti da questo modo di procedere è quello dello spettacolo: danza e teatro in primis. A cosa servono, direte? Risponde Antonella Settura, direttrice generale del Centro Danza di Manerbio.
Le discipline citate insegnano il valore della disciplina e della perseveranza, apparentemente così fuori moda. “Avete rinchiuso i giovani sbagliati!” recita un post sul suo profilo Facebook, non frutto della sua penna, ma da lei pienamente condiviso. La chiusura dei teatri e delle palestre (insieme a quella di piscine e altri centri sportivi) ha confinato in casa molti giovani volenterosi, determinati, spesso pronti a sacrificare il tempo dello svago. Sono stati privati di un valido mezzo per combattere la depressione adolescenziale, come dimostrano le ricerche della svedese Anna Duberg, ricercatrice in psichiatria infantile e adolescenziale: nel 2016, ha condotto un esperimento intitolato “The Dance Project” (“Il progetto danza”), volto a valutare l’incidenza della suddetta attività nella salute psicofisica di adolescenti molto inclini a interiorizzare lo stress. Protagoniste dell’esperi-mento sono state centododici ragazze di età compresa fra i tredici e i diciotto anni, tutte con disturbi psicosomatici quali emicranie e lombalgie. Metà del gruppo d’indagine ha frequentato un corso di danza due volte a settimana, per otto mesi.
Alla fine, lo stato di salute di questa metà è risultato sensibilmente migliorato rispetto a quello dell’altra.
Considerando che stress e depressione sono due mali particolarmente presenti nell’era Covid, la scoperta scientifica di cui sopra fa alquanto riflettere. Nel frattempo, il mondo della danza e del teatro non è rimasto a guardare.
Già il 30 ottobre 2020, in piazza Paolo VI a Brescia e in altre piazze italiane, è stata tenuta la manifestazione silenziosa “L’assenza spet-tacolare”: danzatori, musicisti, attori e artisti si sono presentati vestiti di nero (in segno di lutto) e con maschere bianche (per mostrare che la loro identità professionale viene negata?); la loro luttuosa presenza ha sottolineato che anche il loro è un lavoro con tutti i crismi, che anche loro hanno diritto a poter sopravvivere.
Sui social, Antonella Settura prosegue tuttora questa campagna di sensibilizzazione, pubblicando anche le foto della palestra vuota – quella dove era solita tenere le proprie lezioni.
Chi ritiene inutili le arti abbia la coerenza di trascorrere l’ennesimo lockdown senza libri, film, televisione o musica. Il resto (giusto per citare Shakespeare) è silenzio.
Erica Gazzoldi