Cominciamo col dire che la sezione di Manerbio dell’Avis (che riunisce anche i volontari di San Gervasio, Bassano e Alfianello) ha donato alla comunità un defibrillatore semiautomatico. 

Che è stato installato nella sede dell’Avis, ma su una parete esterna, così che possa essere usato anche quando gli uffici sono chiusi.

La scelta del luogo dove la nuova apparecchiatura è stata installata non è casuale. In quell’area, infatti, sono riunite una lunga e variegata serie di realtà: dalla scuola Primaria alla guardia di finanza, passando per l’Inps e altre associazioni ancora. Insomma: quella zona è quotidianamente frequentata da tante, tantissime persone. Questo significa che, statisticamente, ci sono più possibilità che il defibrillatore possa servire perché, sempre statisticamente, può capitare che qualcuno abbia un arresto cardiaco.

Senza entrare in tecnicismi, ricordiamo che, anche può avere cause diverse, un arresto cardiaco dà sempre e comunque gli stessi risultati: il sangue non raggiunge più tessuti e organi che, non ricevendo ossigeno, prima soffrono, poi muoiono. Il cervello, soprattutto, è un organo particolarmente sensibile: bastano pochi minuti senza ossigeno perché le cellule nervose muoiano, con danni che possono compromettere molte funzionalità e la stessa vita.

Quando una persona è in arresto cardiaco, cioè non è cosciente e non si muove, con il massaggio cardiaco si sostituisce in parte la pompa cardiaca e si spinge meccanicamente il sangue verso gli organi. 

E poi c’è il defibrillatore, che è un’arma in più per far ripartire l’attività elettrica cardiaca a un ritmo corretto.

Infatti, che sia a batteria o collegabile a una presa di corrente, il defibrillatore genera precise scariche elettriche, che vengono trasmesse al cuore attraverso due piastre metalliche (elettrodi o paddles, in inglese) posizionate sul torace. L’applicazione delle due piastre elettriche può avvenire in diversi punti del busto. Le posizioni più frequenti sono: una appena sotto la spalla (sottoclavicola destra) e una appena sotto l’ascella sinistra (ascellare media sinistra).

Qui ci fermiamo, ma giusto per sottolineare che un defibrillatore può salvare la vita. Per questo vanno ringraziato i volontari dell’Avis, che non si limitano a donare sangue, ma fanno altro.

V’è però da sottolineare che, da solo, il defibrillatore non basta: serve anche la persona che lo sa usare. 

Non a caso alcuni consiglieri della benefica associazione hanno già ottenuto la certificazione per operare in caso di necessità; altri la otterranno nei prossimi mesi.  

Sarebbe cosa buona e giusta che pure altre persone (anche se non sono dell’Avis) ottenessero la «patente». 

In un futuro recente Avis e Amministrazione dovrebbero organizzare corsi ad hoc.

Insomma: il defibrillatore c’è. Speriamo che ci siano anche tanti operatori.  

MTM