Le famiglie manerbiesi con figli da 0 a 14 anni sono in difficoltà. Non si tratta di una situazione circoscritta alla cittadina della Bassa Bresciana ma di una condizione che riguarda tutto il Paese.
La fase due di contenimento dell’emergenza sanitaria da coronavirus si è dimenticata dei bambini e dei preadolescenti.
I genitori sono rientrati al lavoro ma le scuole sono rimaste chiuse. I nonni, solitamente sempre disponibili ad accudire i nipoti, sono tra le fasce più a rischio di contrarre il virus. E così la quotidianità delle famiglie italiane diventa un percorso ad ostacoli. Utile il bonus baby sitter varato dal Decreto Cura Italia e riconfermato nel Decreto Rilancio o i congedi parentali che consentono ai genitori di assentarsi dal lavoro – anche se con uno stipendio di molto ridotto – ma si tratta di misure, adottate dal Governo, non sufficienti. Per non rischiare di perdere il lavoro molti genitori sono costretti così a lasciare i figli minori di 14 anni soli a casa.
Una scelta quasi obbligata e dettata dalla necessità di mantenere la propria occupazione in un periodo già molto difficile. L’articolo 591 del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque abbandoni un minore di 14 anni. Un comportamento ancora più aggravato se compiuto dai genitori, come spiega l’avvocato Vittoria Pedrioni.
“Oltre al codice penale esiste la convenzione dei diritti del fanciullo ratificata dall’Italia nel 1991” precisa Pedrioni “qui si spiega come l’inte-resse del fanciullo sia preminente, il minore deve essere tutelato. Con questa convenzione anche il nostro Paese si è impegnato a creare una adeguata struttura sociale che favorisca lo sviluppo psico fisico del bambino”. La DAD – didattica a distanza – è stata un grande aiuto nel momento dell’emergenza ma, spiega Pedrioni, non può diventare una modalità di insegnamento e formazione permanente.
“La formazione telematica è stata molto utile in questi mesi ma può creare grandi dislivelli tra gli alunni” prosegue l’avvocato “perché non tutte le famiglie hanno i dispositivi telematici adeguati”.
Dello stesso avviso la psicologa Paola Vittorielli. La fascia di età tra gli 0 e i 14 anni è quella più delicata sotto diversi profili. L’interruzione brusca della quotidianità ha creato grandi difficoltà. “L’adeguato sviluppo psico fisico del minore è facilitato dal rapporto con insegnanti e con il gruppo dei pari” spiega Vittorielli “è grazie al rapporto con i compagni e coetanei che i bambini co-struiscono e rafforzano la propria identità e imparano a gestire le frustrazioni. Improvvisamente i nostri bambini si sono ritrovati chiusi in casa solo con i genitori e i fratelli. Nella grande maggioranza dei casi i genitori hanno gli strumenti adeguati per supportare le situazioni di difficoltà ma esistono anche famiglie più fragili in cui la convivenza forzata crea grandi difficoltà”. Numerose le segnalazioni giunte ai pediatri – riferisce la psicologa – di bambini con disturbi del sonno, ansia, aggressività e crisi di rabbia. I genitori, per aiutare i figli, possono incentivare le relazioni con i pari e favorire incontri all’aria aperta.
“Non esiste relazione senza la mediazione dei corpi” conclude Vittorielli “la scuola non può essere sostituita dalle video lezioni. La tecnologia ci ha dato un grande aiuto ma se prolungata può ridurre la comunicazione e le capacità relazionale”.
Un’indagine promossa da Save the Children attesta che in Italia come nel resto del mondo 6 genitori su 10 pensano che i propri figli avranno delle difficoltà al ritorno a scuola dopo i giorni del-l’epidemia da Coronavirus. Tutte le metriche relative a fragilità, difficoltà economiche e aumentato bisogno di sostegno per i genitori sembrano ampiamente confermate. Tra casa, ufficio, azienda, spesa, compiti e cambio pannolini le mamme e i papà forse ce la faranno.
Ma resta sempre l’amara considerazione che ancora una volta, in un quasi “post covid” simile ad un dopo guerra, le famiglie sono rimaste sole in un Paese che poco si preoccupa di loro.
Barbara Appiani