La musica popular italiana, spesso chiamata anche “Beat”, emerse nei primi anni ’60 per mezzo delle controculture anglosassoni ed in particoplare della British Invasiom con band che mescolavano il Rock and Roll con influenze swing, rhytthm e blues, skiffle e doo wop.
Il genere Beat in Italia scatenò un fiorire di complessi tra cui i Camaleonti, i Corvi, i Dik Dik, l’Equipe 84, i Giganti, Le Orme, i Nomadi, i Pooh, i Delfini, Giuliano e i Notturni e nel 1965 a Manerbio nasce il complesso I Perché.
Ma chi erano?
Cinque ragazzi innamorati della musica, che è vita, è cultura, è allegria.
La band era composta da Enrico Farina, chitarra basso, Antonio Ferraboschi, chitarra solista ed accompagnamento, Giordano Cavagnini, chitarra solista e accompagnamento, Lorenzo Masotti, alla batteria, ed infine i cantanti Ermanno Botta e Maria Filippini.
Il complesso si ispirava alle canzoni di Adriano Celentano, dei Beatles, Bee Gees, Nicola di Bari, Roches, Giganti, tutte le canzoni in voga in quel tempo interpretate da tutti i membri del gruppo. Questi ragazzi sono da ammirare per i sacrifici che hanno fatto per mettere insieme questo complesso, per acquistare le chitarre.
Poi è sorto il problema della batteria dal momento che i fondi erano finiti.
Cosa fare?
A tal richiesta a qualcuno s’accese una lampadina: “ce la costruiamo!”.
Alcuni dei ragazzi del gruppo lavoravano dalla ditta Lunardini ed hanno chiesto il permesso di potersi fermare in officina dopo il lavoro e il sabato per potersi costruire la gran cassa.
Hanno dovuto comprare solo i piatti, tutto il resto è stato costruito (si può dire riciclato coi pezzi trovati qua e là). Enrico mi ha raccontato che Lorenzo, il batterista, per suonare si doveva mettere i guanti per evitare le vesciche sulle dita perché le bacchette erano di ferro!
Per chiudere voglio fare un elogio a questi ragazzi per il loro coraggio, la tecnica che anche senza budget hanno potuto realizzare il loro sogno cioè il loro complesso. Un grazie a voi a nome di tutti quelli che amano la musica.
Piero Viviani