Il 13 febbraio scorso il professor Delfino Tinelli – personalità di spicco nel mondo della scuola e della politica locale – ha compiuto 90 anni.
Quella del professor Tinelli è una vita spesa nella insaziabile passione per la conoscenza, nello studio della pedagogia e nell’esercizio della politica intesa come nobile servizio alla comunità.
Professore Lei ha avuto una lunga esperienza come ispettore e Dirigente Superiore del Ministero della Pubblica Istruzione.
Quali sono le differenze, a Suo parere, che si possono evidenziare tra la scuola di ieri e di oggi?
Sono stato nella scuola dal 1950 al 1992 e posso dire che anche allora la scuola era sempre in cambiamento e in trasformazione, quindi cambiamenti ci sono anche dal ‘92 a oggi.
Li noto principalmente nel campo docente e dirigente: allora c’erano i Direttori didattici nella scuola elementare che avevano funzioni diverse dai presidi delle medie, oggi elementari e medie, unite, formano l’istituto comprensivo il quale è diretto da un preside.
Nelle elementari non insegna più il maestro unico ma un’équipe e, a parte i vecchi maestri che ci sono ancora, i docenti devono essere laureati.
Come vede è tutto un altro mondo che dovrebbe essere strutturato perché l’insegna-mento sia migliore.
Non so dire se questo sia vero e non arrischio giudizi in merito, ma ai miei tempi, ricordo bene, che c’erano insegnanti ottimi, bravi e… “così così” e l’insegna-mento, come certo ricordano ancora le persone anziane, era buono quando gli insegnanti bravi, se no era … così così.
Credo che sia lo stesso anche oggi, salvo il fatto che l’équipe può creare qualche compensazione tra gli insegnanti più e gli altri.
Lei ha avuto anche un’importante esperienza in campo politico.
In questo ambito, quali sono i cambiamenti principali che si possono evidenziare oggi rispetto al passato?
Qui ci son più che cambiamenti, qui siamo in un’altra epoca.
Allora c’erano veri partiti, diversi per ispirazione ideologica, ma tutti fortemente orientati verso il bene comune e non potevano essere diversamente.
Infatti tutti i partiti erano ricchi di iscritti che partecipavano alle riunioni non per essere orientati, ma per orientare il partito e questo avveniva, per gradi, a partire dalle sezioni di paese via via sino alle direzioni generali.
La politica partecipata si manifestava, poi, soprattutto nelle elezioni.
Oggi non esistono più partiti veri, fortemente democratici dalla base in su, gli aderenti seguono un leader, gli elettori votano per quel che sentono in TV e gli eletti, questa è la conseguenza più grave, non sono formati dalla gavetta, sono scelti per stima, quando va bene o per indicazione dei capi e le conseguenze le vediamo giorno per giorno, dai livelli comunali a quello parlamentare.
Lei è stato anche autore di numerosi testi e curatore di importanti riviste pedagogiche.
La cosidetta generazione z abbraccia tutti i nati dopo il 2000. Si tratta dei figli della rete. Sono giovani iperconnessi, multimediali, gestiscono un flusso continuo di informazioni, sono sensibili all’ambiente.
Cosa ne pensa?
Una volta le informazioni bisognava sudarsele a scuola o sui libri e ciò generava molta differenza tra i singoli.
Oggi i giovano sono superfavoriti, possono avere tutti le stesse fonti e la stessa facilità di accesso.
Le differenze fra di loro saranno sempre stabilite, però, da quel che abbiamo detto nella domanda n.1, cioè dal livello di formazione di base e dalla capacità di gestire le informazioni.
Là abbiamo detto della funzione della scuola, qui val la pena di aggiungere una nota sulla funzione dei genitori che è sempre stata evocata, ma che appare ancor più evidente oggi.
Non è sempre possibile per i genitori controllare le fonti delle informazioni dei figli (vedi tanti tragici fatti di cronaca), però possono contribuire alla formazione del loro pensiero e della loro capacità di giudizio.
Direttamente non so dire quanti e quanto questi ragazzi siano sensibili all’am-biente, ma nella misura in cui lo sono è certamente un bene.
Come vede la gestione della politica nazionale e locale in questo momento epocale per il nostro Paese e per il Pianeta?
Della politica italiana in genere ho già detto. Io faccio parte di coloro che sperano che il nuovo Presidente del Consiglio migliori la situazione dal punto di vista governativo, ci vorrebbero uno o più altri che migliorassero anche la formazione politica in generale. Sul pianeta bisognerebbe parlare di tutto e non ci stiamo con lo spazio.
Spero solo che la nuova situazione americana contribuisca (ma non so se potrà) a limitare la cinesizzazione dell’Europa.
Come ne pensa della cittadina di Manerbio oggi? Ci sono aspetti che la politica locale dovrebbe curare maggiormente?
Una volta partecipavo molto alla vita politica e amministrativa di Manerbio, ora ne sono del tutto fuori.
Così di primo acchito mi pare che manchino attualmente le prospettive di sviluppo per Manerbio che da paese, una volta, è diventato città, mentre ora mi pare sulla strada di ritornare paese (con tutto l’amore che io, vissuto a Pralboino, a Alfianello e a Cigole, vivo ed esprimo per il concetto di paese).
La politica locale, quindi, dovrebbe curare iniziative e condizioni per favorire un nuovo processo di sviluppo.
90 anni sono un bel traguardo che Lei ha raggiunto egregiamente, ma possono anche essere una ripartenza.
Quali i progetti futuri?
Da molti anni mi sto occupando attivamente di un’industria agroalimentare di cui sono Presidente. Quest’azienda conta una sede a Pontevico con cinquanta dipendenti e un’altra in America con altrettanti addetti.
Continuerò in questo impegno, nello stesso tempo partecipo attivamente alla vita e allo sviluppo di due Club culturali di Brescia e continuerò anche a scrivere. L’ultimo libro che ho pubblicato è la Storia del Movimento Cattolico a Manerbio, ho in corso e in progetto altre pubblicazioni che spero di portare a termine, se potrò.
Credo che Lei abbia tutte le carte in regola per essere soddisfatto della Sua vita. Giusto?
Ho fatto tante cose nella vita, sono felicemente sposato da 63 anni, ho avuto tre figlie per me meravigliose e cinque nipoti che lo sono altrettanto. Quindi: giusto!
Barbara Appiani