Egregio Direttore, la storia della Bassa Bresciana ci ha regalato un glorioso passato, fatto da Celti, Etruschi, Romani fino ai giorni nostri. Noi però siamo rimasti gente semplice, gente di paese. Per me personalmente Verolanuova, dove sono nato, e Manerbio che mi ha adottato, rimangono un punto di riferimento, una base di partenza e di arrivo, una garanzia, una sicurezza.
I paesi per noi sono tutto.
Immersi nei campi della Bassa, tra nebbie e zanzare, tante piccole attività, moltissimi padroncini, ditte familiari, qualche media azienda. Al centro di Manerbio giace invece lo scheletro della “grande” Marzotto, che dopo settant’anni di lustro, ha tradito ed abbandonato la Bassa al suo destino. Nelle nostre zone, nonostante tutto, il denaro scorre sotterraneo come un fiume carsico, a detta dei ben informati e della stampa, e ci sarebbero infatti centinaia di milionari occulti: un vero record. E per ogni volta che ognuno di loro arriva al fatidico primo milione è d’obbligo far festa in privato ma pur che si sappia, altrimenti a cosa serve essere ricchi? No, non c’entra la fortuna.
C’entra il lavoro negli anni, la fatica, i calli sulle mani, le vacanze mai fatte, “al tègner a mà”. Così accadeva, fin da giovani, tra i capannoni e i profumi dei concimi nei campi. Certo, sono soldi meritati, quelli dei neo-arricchiti che si sono “ammazzati” di lavoro, nel senso di essersi fatti un mazzo… ma anche l’evasione fiscale e il lavoro nero hanno fatto il resto. Però ormai, anche in campagna, non è più tutto così perché nelle colture, come nelle stalle, ci sono solo “indiani”, che hanno creato una specie di consorteria protetta, al punto che se un italiano volesse fare il lavoro di mandriano non riuscirebbe, con gli indiani pigliatutto. Nei paesi vi è un bel numero di banche, di assicurazioni, di consulenti finanziari.
Verolanuova e Manerbio sono simili, ma anche molto diversi. Il primo ha un parco eccezionale al centro del paese, mentre Manerbio ha un Eco-mostro-parco del degrado. Verola ha grandi tesori, come i dipinti del Tiepolo nella Basilica, Palazzo Gambara, la Piazza, unica nel suo genere. Manerbio invece è uno strano paese, con una chiesa senza piazzale davanti, un ospedale che per motivi politici dipende in tutto e per tutto da un altro ospedalino lontano quaranta chilometri, i ruderi della civiltà industriale celati dietro le mura della terra di nessuno. Punto di diamante è solo lo splendido Museo Archeologico. Ma con la pandemia sarà cambiato qualcosa per gli innumerevoli milionari? Certo, qualcosa è cambiato, anzi molto. Loro sono diventati ancora più ricchi, hanno rimpinguato il conto in banca e assistono indifferenti alla catastrofe dei commercianti e degli artigiani che sono precipitati nell’abisso, andando ad intaccare pesantemente il loro gruzzolo intoccabile. Dopo la Marzotto e l’Ocean, di grosse ditte più neppure l’ombra, e la forza lavoro locale si sposta verso la città e le sue zone industriali, incamminandosi pian piano a far diventare tutte città-dormitori. Starebbero dunque per diventare paesi senza vita? Nessuno può affermare che qui da noi non esistano problemi: nuove e vecchie povertà, attacchi all’ambiente, inquinamento selvaggio, precarietà, ma sostenere che i nostri siano paesi moribondi forse è un po’ fuori dalla realtà, anche perché, da sempre, i moribondi possono riprendersi. Certo, vi è anche qualche guizzo di vitalità, con varie associazioni di volontariato ma, se togliamo i gruppi sportivi, i giovanissimi dove sono in fatto di solidarietà? Se son rose, fioriranno.
Luigi Andoni