L’uso dell’acqua del fiume Mella è stato per secoli finalizzato all’irrigazione dei campi, alla pesca, all’allevamento di bestiame, all’azionamento delle ruote dei mulini a acqua. Il primo uso delle acque del fiume da parte dell’uomo fu quello domestico.
Vennero utilizzate come acqua potabile dalle popolazioni che risiedevano sulle sponde del corso d’acqua. In seguito queste acque furono dichiarate non potabili a causa dell’inquinamento che iniziò con l’intensificazione dello sviluppo industriale.
Un altro impiego fu quello della produzione del ghiaccio: si dirottava l’acqua in piccoli specchi, le morte, che durante la stagione invernale gelavano fornendo poi il ghiaccio necessario alla conservazione degli alimenti che veniva poi asportato e conservato nelle cantine e nelle grotte.
La pesca nel Mella era un tempo un’attività florida praticata anche da pescatori professionisti. carpe, cavedani, barbi, trote, alborelle, anguille, lucci, tinche e rane erano presenti in grande abbondanza.
Fu costruito anche il ponte del Canalot.
Questo capolavoro di ingegneria idraulica ha sempre suscitato un grande interesse anche dal punto di vista architettonico, essendo una costruzione importante per il reflusso di acque d’irrigazione alimentato da turbine che pescano l’acqua del Mella.
L’opera fu progettata dall’in-gegnere Molinari, che abitava a Manerbio in via della Stazione insieme alla madre, alla zia e a quattro fratelli.
Fu la zia Iride Molinari ad occuparsi della loro istruzione spronandoli allo studio.
Una famiglia molto facoltosa, proprietaria di cascine e terreni.
Poi si trasferirono a Desenzano del Garda nella loro lussuosa villa.
Ogni tanto c’è qualcuno che la fotografa e chiede se è in vendita. La signora Iride ha lasciato un ricordo indelebile a Manerbio per la sua generosità verso quelli che avevano bisogno.
A fianco del ponte del Canalot c’era una passerella pedonale per quelli che volevano attraversare il Mella e fare una passeggiata da soli o in compagnia.
Era quasi diventata una prassi, domenica pomeriggio, fare una passeggiata al Canalot.
In primavera e d’estate vedevi una marea di gente di tutte le età. Da soli in coppiette o a gruppi di ragazze e ragazzi sulla strada sempre distanziati. Tu non li vedevi ma c’era sempre qualcuno che sorvegliava. I gruppi erano abbastanza organizzati.
Le ragazze con una coperta, una borsa contenente una torta casareccia o pane e salame e uova sode per fare merenda sul prato – oggi lo chiameremmo pic-nic – con amici naturalmente, quelle che potevano permetterselo.
Bei tempi che purtroppo non torneranno più.
Per finire voglio prendere in prestito le parole di una canzone in dialetto scritta da due miei grandi amici, Luigi Damiani ed il grande poeta Memo Bortolozzi, dal titolo “So le rié del Melò”.
Ma dispias per i scec che i sa mio chel che vol di zogà a curis dre e ciapà al sul tot al de sò le rie del Melo liro la robo po’ belo che pudiò capitat.
Piero Viviani