Lo scoramento di molti studenti per il protrarsi delle attività didattiche a distanza si avverte dalle parole dell’alunna Anna Picenni: “Inizialmente ero demoralizzata, ora sono un po’ sconcertata dal comportamento della classe politica, che si sta dimostrando impreparata a fronteggiare la preoccupante situazione”.
“Ancora una volta – secondo lei – è scarsa l’importanza attribuita alla scuola fra le priorità governative: non è possibile pensare che in tanto tempo non abbiano trovato il modo di organizzarsi e cercare di risolvere, almeno parzialmente, il problema, procedendo invece a chiusure che si rinnovano ormai da oltre due mesi. Io mi chiedo perché in provincia di Trento le superiori siano ripartite con le lezioni in presenza già da giovedì 7 gennaio e qui invece non si sia stati capaci di fare altrettanto”. “Vivo la didattica a distanza come un ripiego scoraggiante – ammette Anna – perché non poter essere in classe ci demotiva, impedisce il confronto tra di noi e anche con gli insegnanti e, quindi, appiattisce il livello del dialogo educativo. È diventato tutto schematico, quasi meccanico, con lo svolgimento di procedure preordinate, senza i rapporti umani che sono un elemento imprescindibile della crescita formativa”.
In prospettiva teme che “l’esame di Stato sarà come quello dell’anno scorso, e ciò non è per nulla positivo perché al colloquio non potrò dimostrare appieno la preparazione acquisita e il voto finale potrebbe non valere come quello degli esami degli scorsi anni”. È consapevole di andare controcorrente la sua compagna Alice Iadema quando afferma: “la didattica a distanza, quale compromesso per sopperire all’impossibilità di frequentare le lezioni permettendo comunque un adeguato svolgimento dei programmi, ha rappresentato per me una grande opportunità”: Ma si spiega: “i nuovi modelli per conseguire valutazioni, quali la realizzazione di elaborati multimediali, sono stati potenti incentivi ad applicarmi con entusiasmo, sviluppando un maggiore interesse per gli argomenti trattati”.
Ammette tuttavia che “a lungo andare questa soluzione è diventata estenuante: oltre ad aver penalizzato la capacità di relazionarsi concretamente, ha reso sempre più indistinto il confine tra la vita scolastica e la vita famigliare, causando stress psicofisico che compromette la produttività e l’umore degli studenti, mettendo a dura prova chi sta loro accanto. Inoltre questa situazione di incertezza non fa altro che accrescere la preoccupazione e la sfiducia di noi giovani per un futuro che già si prospettava precario”.
“In vista dell’esame di Stato che probabilmente si svolgerà mediante un colloquio orale -conclude – è necessario riacquisire e affinare la capacità di interagire con persone in carne e ossa.
Auspico dunque un tempestivo ritorno alla didattica in presenza, nella speranza che venga riconosciuta l’importanza dell’attività scolastica nella educazione delle nuove generazioni”.
“Certamente questi continui rimandi – considera lo studente Leonardo Martinetti – denotano una mancanza di chiarezza da parte delle varie istituzioni e mettono in difficoltà studenti e insegnanti, che cercano di adeguarci a direttive che cambiano in continuazione.
“Senza voler mettere in discussione il diritto alla salute, mi sembra che qui da noi però ci siano le condizioni che potrebbero consentire una riaper-tura” sostiene. “Il virus è pericoloso e dobbiamo fare tutti la massima attenzione, ma indossando i dispositivi di protezione e rispettando le misure di sicurezza poste in atto, credo che dovrebbe essere possibile riprendere le lezioni in presenza”.
“Preferirei sostenere un esame di Stato di impianto tradizionale – conclude – per avere l’opportunità di svolgere più prove ed esprimere al meglio il mio potenziale; se per caso, o per agitazione o altro, faccio un colloquio non brillante, con altre prove si ha una panoramica oggettiva del livello di preparazione conseguita”.